BELLINZONA – Asia Argento, portavoce del movimento Me Too, accusata di molestie, da un ragazzino che all’epoca era minorenne e che lei stessa avrebbe pagato per far tacere. La notizia ha del clamoroso e cambia la prospettiva su quello che fu il caso mediatico dello scorso anno.
Ne abbiamo parlato con la Life Coach e consulente in sessuologia Kathya Bonatti.
Come giudica la vicenda?
"Premetto che non conosco le questioni legali, se corrispondesse al vero non mi stupisce che Asia Argento non abbia la consapevolezza dei comportamenti scorretti. Già dà quell’immagine, pensiamo al film in cui baciava con la lingua un cane: ha un’idea del consenso limitata. Per quanto riguarda la sua persona, lottava per i suoi presunti diritti, per le altre, mentreper un essere non consenziente come un animale, non si è fatta scrupoli. Nel caso di un animale, un bambino e un minorenne sotto i 14, i 16 anni o i 18 anni (dipende dalle normative diverse nei vari stati) non c’è consenso. La zoofilia purtroppo è una realtà, con quelle scene la si incoraggia. Non mi sono mai schierata dalla sua parte, faceva molta confusione tra i vari termini e per rispetto delle vere vittime di violenza bisognava fare un distinguo fra molestie verbali e fisiche e stupro, lei ha messo tutto in un calderone, con una mentalità ambigua”.
Non l’ha mai vista dunque come la vera icona di Me Too?
“Come la portavoce sì, ma il suo comportamento non giovava alle vere vittime di violenza, che sono quelle che sono impossibilitate fisicamente a reagire e a rifiutarsi per quanto riguarda gli abusi. È positivo che si sia parlato di molestie, per tutti coloro che hanno voglia di mostrare il proprio disagio. Però non devono aver tratto vantaggio dalle molestie, va distinta la molestia o la incapacità di dire di no, che può derivare da tante cose, a partire dalle ferite emotive: non è come se una persona è segregata, è impossibilitata fisicamente a resistere. Asia Argento non poteva comportarsi come «Alice nel Paese delle Meraviglie», è vissuta in un ambiente cinematografico, con un padre famoso e una madre che è un’attrice non poteva essere così ingenua e sprovveduta".
La violenza sul ragazzo la sorprende, visto il soggetto?
“Pensando alla foto col cane, no. È una persona che non sa cosa significhi il rispetto del «consenso». Fa rabbrividire che abbia gridato a tutto il mondo i suoi diritti contro la sopraffazione nel mondo del cinema, poi lei, come attrice, va con un attore minorenne con cui girava un film e secondo i fatti riportati dai giornali contro la sua volontà. Ripeto, solo perché non era consenziente, non c’entra la differenza d’età. Se ha pagato per farlo tacere, probabilmente i fatti sono accaduti realmente, è la classica situazione per cui lei gridava ‘al lupo’, ovvero dove una persona nel mondo del cinema più grande e più influente manipola qualcuno” , oppure molto più grave lo abusa sessualmente".
Quello che ha denunciato di aver subito e quello che avrebbe commesso sono collegati?
“Dal punto di vista psicologico si può parlare di una «coazione a ripetere». Ha subito un comportamento scorretto e reputandolo corretto lo ripete, però il ragionamento non funziona quando si é fatta una battaglia contro le violenze. Se anche lei le ha commesse è incoerente essere portavoce, fa perdere credibilità al movimento che ha creato, tranne per chi ha subito davvero abusi, che comunque sono sempre stati esclusi da Me Too, poiché si parlava in prevalenza di molestie”.
È frequente questa coazione a ripetere? Le vittime diventano carnefici?
“Se non sono consapevoli. Una persona ha subito un trauma, la mente come meccanismo difensivo lo considera normale e quindi lo rifà. Coloro che prendono contatto col dolore e con l’esperienza traumatica vissuta la considerano come terribile e non la rifanno se hanno coscienza. Se lei ha vissuto consapevolmente ciò che dice di aver subito dal punto di vista emotivo, non avrebbe dovuto farlo. Questo meccanismo scatta in diversi ambiti, sono automatismi che le persone apprendono. Anche un pedofilo, per esempio, può essere stato molestato, lo considera per difesa normale, per non sentire il dolore e per non chiamare le cose col proprio nome, e lo rimette in atto. Ma se la persona è consapevole del trauma, sente il dolore, lo cataloga per quello che è, ovvero un’esperienza contro il suo consenso, non lo rifà. Serve una terapia, va bene, però il dolore e la sofferenza fanno capire che è qualcosa di sbagliato e non lo si infigge ad altri. Entra in gioco l’empatia, l’entrare nella sofferenza dell’altro, anche senza una terapia”.
Asia Argento va curata?
“Se ha agito senza il consenso é una violenza sessuale, quindi é un reato e va punito. Se invece lo ha manipolato utilizzando il suo «ruolo» le farebbe bene un confronto con la verità e con se stessa. Se è portavoce di Me Too e fa tutto l’opposto di ciò a cui dà voce perde di credibilità. Il ragazzino ha fatto il selfie con lei? Anche lei si è fatta fotografare con Weinstein, la manipolazione ha molti aspetti ambivalenti”.