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26.06.2018 - 12:000

Il PPD invia il sondaggio. I dubbi di Caratti, "messa in discussione al 300% o marketing politico?"

Il partito popolare democratico da tempo manifestava la voglia di confrontarsi con la base per capire in che direzione gli aderenti vogliano andare e così pone loro una serie di domande sulla soddisfazione e sul profilo delle persone da candidare. Il direttore de La Regione non è convinto

BELLINZONA – Il PPD ieri ha fatto sapere di aver inviato a 5’000 persone della sua base il famoso sondaggio “Cosa pensano i popolari democratici?” di cui si parla da sempre. Un questionario con una lunga serie di domande che spaziano dall’azione passata recente del partito sui piani cantonale e nazionale, di Parlamento e di Governo, dal futuro che si vuole imboccare a chi si vuol presentare alle elezioni: i nomi, ma soprattutto le caratteristiche.

Su 5'000 formulari inviati, l’augurio del PPD è che ne ritornino almeno il 10-15%. Fiorenzo Dadò sottolinea di aver ereditato un PPD non in piena forma, quando è stato eletto presidente, e di voler capire in che direzione andare. E lo chiede alla base.

Un’azione di apertura che ha attirato l’attenzione del direttore de La Regione Matteo Caratti, il quale ha dedicato l’editoriale al sondaggio e alle perplessità che esso gli suscita.

“Per decenni siamo stati abituati a partiti e capitani di vascello pronti a calar dall’alto lezioni e soluzioni ai vari problemi del Paese. Perché chi si proponeva per poi venir eletto, si presumeva ne sapesse più del singolo e tirava diritto per tutto il quadriennio. Poi sono arrivati i movimenti che, a differenza dei partiti, sono saldamenti retti da un conducator. È lui che detta la linea politica, con estrema sicurezza e con slogan che fanno presa. Ora – nuova era – siamo confrontati con partiti (in crisi costante) che prima di determinare la rotta chiedono alla base cosa ne pensi con tanto di formulario inviato a casa”, scrive.

“Ma cosa sta succedendo? Il partito storico non al massimo della forma è pronto a mettersi in discussione al 300 per cento, coinvolgendo al massimo la base? Mezza rivoluzione all’orizzonte, sotto un presidente che non disdegnerebbe le primarie?”, si chiede.

Oppure… “O operazione di marketing politico, senza una base scientifica demoscopica, in chiave elettorale?”, insinua, spiegando che si vedrà col tempo.

A nostro avviso, un bel segnale di apertura, per far capire, in un periodo in cui la politica appare sempre più lontana dai cittadini, che essa deve essere della gente, che non deve essere solo qualcosa di astratto e lontano. Un modo coraggioso di dire "siamo al vostro servizio", di cercare di interpetare i desideri di chi in fondo va alle urne e dà fiducia. La gente è più consapevole, grazie ai media e alle possibilità di informazione, di pregi e difetti dei Governi e dei temi, ed è pronta a dire la sua in modo ancor più attivo rispetto alla grande possibilità di eleggere i propri rappresentanti e votare iniziative e referendum. Vedremo, questo sì, come risponderanno gli aderenti PPD: se non ci fosse interesse, bisognerebbe concludere che la politica ormai importa poco, oppure che la disaffezione ha raggiunto livelli preoccupanti. Se invece funzionasse, potrebbe essersi aperta una via.
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