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29.04.2019 - 15:240

Quel burnout con segnali inascoltati, le promesse di ricollocamento, la clausola di riservatezza. E ora la disoccupazione...

Alcuni consiglieri comunali socialisti interrogano il Municipio sul caso di una ex dipendente. "Le sono stati proposti dei mesi a casa pagata in attesa di un nuovo posto, ma non ne è stato trovato uno. Situazione gestita male"

LOCARNO – “La persona in questione ha lavorato per anni per un servizio della città di Locarno. Dopo un lungo periodo di tranquillo e proficuo lavoro, nell’ufficio in cui lavorava si vengono a creare dei problemi relazionali all’interno del team. All’insorgere dei problemi la dipendente lancia diversi campanelli d’allarme: chiede dapprima di venir spostata d’ufficio,parla del suo disagio coi superiori, ribadisce il suo malessere durante i colloqui con l’IQ center, scrive una raccomandata in comune e all’ex direttore delle risorse umane per denunciare il mobbing di cui si sente vittimae dopo molto, troppo silenzio e disinteresse, sull’orlo di cedere riesce ad ottenere un colloquio. Nell’incontro con alcuni suoi superiori le viene detto che “non sarebbe stata abbandonata”. Ma nonostante le parole e le rassicurazioni, nulla si muove, la situazione relazionale subisce un’escalation e la collaboratrice il 3.11.2017 cade in burnout”.

A raccontare la vicenda sono alcuni consiglieri comunali socialisti di Locarno, fra cui Fabrizio Sirica che è l’unico, precisa, ad aver letto per motivi di privacy tutti i documenti.

Ma cosa succede alla donna? “Dopo qualche mese in malattia, viene convocata da un medico dell’assicurazione della città, il quale dà il suo parere: la lavoratrice è di nuovo abile al lavoro ma deve cambiare ufficio, in quanto alla base del suo problema di salute risulta evidente che c’è un clima di lavoro patologico. I servizi della città non riescono a ricollocarla e le fanno continuare la malattia, ma dopo poco,nel febbraio 2018, le viene proposto dalla città un accordo: uscire dalla malattia, rimanere a casa pagata senza fare nulla e nel frattempo (cito dall’accordo sottoscritto dal Sindaco e dalla collaboratrice): “il datore di lavoro si impegna a verificare durante tale periodo la possibilità d’impiego in altri settori dell’amministrazione, a tempo completo o parziale, per una possibile reintegrazione”. La collaboratrice patrocinata da un rappresentante legale si dice d’accordo e guarda con fiducia alla prospettata soluzione interna. Per concludere ottiene 10 mesi pagati (dal 1.3.2018 al 31.12.2018)”. Poi però “i 10 mesi trascorrono e la collaboratrice non viene mai chiamata, nemmeno in prova, così si ritrova in disoccupazione a partire dal primo gennaio 2019”.

Per Fabrizio Sirica, Sabina Snozzi Groisman, Sabrina Ballabio Morinini, Pier Mellini, Rosanna Camponovo, Pietro Snider e Damiano Selcioni il caso porta alla luce una situazione gestita male. . “Innanzitutto troviamo che non si sia reagito tempestivamente ai molti campanelli d’allarme. Questa inattività mette in luce un’incapacità di gestire situazioni di difficoltà e/o di conflitto sul posto di lavoro, situazioni purtroppo all’ordine del giorno. Con un intervento tempestivo e professionale si sarebbe potuto evitare sofferenza per la lavoratrice e importanti spese per la città”, scrivono. In secondo luogo riteniamo che l’accordo proposto e accettato sia eticamente e sindacalmente discutibile. La priorità doveva essere quella di ricollocare la collaboratrice, non di lasciarla a casa, pagata con soldi pubblici nonostante lei avesse voglia (e bisogno) di lavorare. Anche la clausola di riservatezza lascia più di un dubbio, sembra un modo di sottacere un’evidente gestione deficitaria”.

E rivolgono una particolareggiata serie di domande:

“Richieste d’aiuto inascoltate:
1. Che cosa è stato fatto per dare seguito alle richieste di aiuto della collaboratrice?
Nel dettaglio:
1.1 quando l’IQ center ha scoperto il disagio della collaboratrice, cosa viene fatto? Di chi era la responsabilità di intervenire? Il Municipio era a conoscenza della situazione? Se non è stato fatto nulla, perché?
1.2 Quando la collaboratrice scrive una raccomandata in comune e all’ex direttore delle risorse umane, cosa viene fatto? Il Municipio è messo al corrente della situazione? Se non è stato fatto nulla, perché?

Impegno per reintegrare:
2. Il punto 3 dell’accordo, che prevede che il datore di lavoro “si impegna a verificare durante tale periodo la possibilità d’impiego in altri settori dell’amministrazione, a tempo completo o parziale, per una possibile reintegrazione” è stato rispettato?
Nello specifico:
2.1 Quante nuove posizioni si sono liberate, da marzo 2018 a gennaio 2019 all’interno dell’amministrazione? Specificare ruolo e mansione per ogni posizione.
2.2 Quante persone sono state assunte dalla città, da marzo 2018 a gennaio 2019, per lavorare nell’amministrazione? Specificare ruolo, percentuale lavorativa e mansione per ogni posizione.
2.3 Quante persone sono state spostate di ufficio e/o ricollocate all’interno dell’amministrazione da marzo 2018 a gennaio 2019? Se ci sono, specificare ruolo e mansione per ogni posizione.
2.4 Da marzo 2018 a gennaio 2019, ci sono state delle sostituzioni di dipendenti dell’amministrazione in indennità perdita di guadagno o in malattia? Se sì, specificare il numero, il ruolo e la mansione per ogni posizione sostituita.

L’accordo:
3. Per quale motivo è stata inserita una clausola di riservatezza nell’accordo?
3.1 Premesso che la città di Locarno è un datore di lavoro pubblico e per stipendiare i collaboratori utilizza denaro pubblico, considerato che in democrazia è fondamentale che l’attività di un esecutivo sia sottoposta al controllo del legislativo e della popolazione, il Municipio ritiene coerente con i principi democratici e di trasparenza compilare accordi riservati?
3.2 Quanti accordi con collaboratori sono stati redatti nell’ultima legislatura con la clausola di riservatezza?
3.3 Questa modalità, è stata usata con lo scopo di non far conoscere all’opinione pubblica quanto successo?

Prevenzione e intervento precoce riguardo ai disturbi psicosociali sul posto di lavoro:
4. Considerata le difficoltànel gestire la situazione, che come al solito va a colpire l’anello più debole della catena (la collaboratrice), che cosa intende fare il Municipio per migliorare la situazione? Più nello specifico:
4.1 Se una collaboratrice/collaboratore si sente poco a suo agio sul posto di lavoro, a chi può rivolgersi?
4.2 Ritiene utile il Municipio istituire una prassi per poter intervenire precocemente in casi di mobbing o difficoltà relazionali con colleghe/i e/o superiori?
4.3 È possibile fare una campagna di sensibilizzazione dei dipendenti comunali rispetto a questi rischi e le possibilità di aiuto?
4.4 Come valuta il Municipio la possibilità di formare i quadri dirigenti e tutti coloro che devono gestire il personale, rispetto ai rischi psico sociali sul posto di lavoro?
4.5 Come valuta il Municipio la possibilità di collaborare con il laboratorio di psicopatologia, sia per quel che riguarda l’aiuto ai dipendenti che la formazione dei quadri?”

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