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14.02.2022 - 09:360
Aggiornamento: 18.02.2022 - 16:59

Ecco cos'é l'aliquota minima globale: il futuro della fiscalità

Francesca Amaddeo, docente-ricercatrice del Centro competenze tributarie della SUPSI, spiega come cambierà la tassazione

Di Francesca Amaddeo *

Il 2021 passerà alla storia come la chiave di volta nello scenario tributario internazionale. Il tema è la tanto discussa aliquota minima globale. Di cosa si tratta? 

A partire dal 2013, la comunità internazionale, su spinta dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), ha posto in essere un piano di azione, noto come Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), il quale si poneva come obiettivo, tra gli altri, l’introduzione di norme atte a disciplinare il fenomeno dell’economia digitale, sempre più diffusa, sradicata dalla fisicità dei mercati. Le multinazionali, infatti, nel corso degli anni hanno studiato pianificazioni fiscali sempre più affinate che, sfruttando le lacune normative, consentivano loro di evadere e/o eludere le imposte.


Ecco che, quindi, nel 2020, l’OCSE presenta una struttura riformante dell’ordinamento fiscale
internazionale per l’economia digitale basata su due Pilastri: il primo prevede l’introduzione di una sorta di “imposta sul digitale”, mentre, il secondo introduce le norme note come GloBE, acronimo di Global Anti Base Erosion rules.  La GloBE, dapprima vista come opzione secondaria, diviene la priorità, soprattutto con il subentro del Presidente Biden alla Casa Bianca, 

Questa misura, composta da una struttura articolata, prevede, infatti, l’introduzione di una
aliquota minima globale per le multinazionali con un turnover superiore a 900 milioni di franchi, indipendentemente dal settore del mercato in cui operano. Più precisamente, dispone che una multinazionale con sedi e succursali in diversi Stati sia complessivamente assoggettata ad un’imposta del 15%. 

Questo non vuol dire che ogni Stato dovrà aumentare la propria aliquota di imposta sulle persone giuridiche, ma che laddove un Paese presenti un’aliquota inferiore alla soglia fissata, gli altri Stati coinvolti potranno tassare il residuo sino a raggiungere il 15%. In questo modo si cerca di dissuadere le multinazionali ad operare in Paesi a fiscalità privilegiata, con aliquote molto basse, se non addirittura pari allo zero.

Per funzionare uno schema simile necessita di una serie di principi, che devono essere implementati sia a livello nazionale sia internazionale, specie nei trattati sottoscritti tra i diversi Stati. La comunità internazionale richiede un’azione combinata e rapida: la GloBE, infatti, dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2023. 

La linea di Berna

A gennaio, il Consiglio federale ha comunicato che intende procedere con una modifica costituzionale, creando così la base legale per introdurre la misura decretata dall’OCSE.
Sostanzialmente, l’idea è quella di adottare quello che tecnicamente viene definito come domestic top-up tax approach. Cosa significa? 

L’imposta sull’utile e sul capitale applicato alle persone giuridiche oggi, com’è noto, si compone di imposte federali (cioè, l’imposta federale diretta, IFD, applicata nella misura fissa dell’8.5%),
cantonali e comunali. La determinazione di tali aliquote, secondo gli articoli 3 e 127, cpv. 3 Costituzione Federale, è di competenza dei Cantoni.

Cosa cambia con l’introduzione dell’aliquota minima globale?


Ogni Cantone deve, quindi, aumentare la propria aliquota di imposta sulle persone giuridiche? No. Con l’emendamento costituzionale proposto dal Consiglio federale, i Cantoni potranno mantenere la propria aliquota così com’è oggi, ma saranno autorizzati a prelevare, solo ed esclusivamente sulle multinazionali target, un’imposta aggiuntiva sino al raggiungimento del 15%. In questo modo, verrà garantito il rispetto della misura internazionale, ma senza cedere parte delle imposte di diritto spettanti alla Confederazione ad altri Paesi coinvolti.

 
La riscossione di tali imposte resterà in capo ai Cantoni, i quali potranno utilizzare queste risorse aggiuntive per scopi diversi, presumibilmente per rafforzare la propria posizione finanziaria o per aumentare la propria attrattività, investendo in ambiti non fiscali. Le stesse risorse saranno soggette alle vigenti regole della perequazione tributaria.


La soluzione di inserire tale misura direttamente nella Costituzione ovvia a due ostacoli. Il primo è dato dalla potenziale violazione del principio di disparità di trattamento, oltre che di altre disposizioni in materia tributaria. Il secondo, invece, è di ordine temporale: tramite questa procedura, l’introduzione della misura potrà avvenire già all’inizio del 2024. Diversamente, il procedimento ordinario avrebbe richiesto troppo tempo. 

La domanda ora verte su quali saranno le misure che i Cantoni prenderanno per rimanere competitivi e fiscalmente attrattivi. Non è da escludere che la concorrenza si sposterà su altri frangenti, primo tra tutti la tassazione delle persone fisiche dove, purtroppo, il Ticino non si pone tra i favoriti.

 * Avv, PhD, docente-ricercatrice del Centro competenze tributarie della SUPSI

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