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Il Blog di Don Gianfranco
27.02.2022 - 18:160

Don Gianfranco: "La guerra in Ucraina ci interroga nel profondo…"

L'arciprete di Chiasso legge il momento che stiamo vivendo: "L'utopia della fraternità e della pace. Cosa è più ragionevole, arrendersi alla prospettiva di una escalation senza fine di guerra, o ispirarsi a una concezione diversa?"

di Don Gianfranco Feliciani*

In un passo della “Filosofia della storia”, il filosofo tedesco Georg Friedrich Hegel (1770-1831), definisce la storia umana come un immenso mattatoio! È una delle visioni più tragiche che si possano pensare: la storia umana come un immenso mattatoio, come se tale fosse sempre stata e tale è prevedibile che debba sempre essere. “Homo homini lupus”, dicevano gli antichi.

L’uomo è fatto così e non c’è ideale di pace che tenga. Quante persone “buone e pacifiche”, cristiani compresi, in fondo la pensano così, dopo aver rispettosamente relegato il Vangelo di Gesù nello spazio astratto e irrilevante della poesia e dell’utopia. 

Tuttavia, liquidato così per amor di realismo l’utopia della pace, un futuro troppo inquietante inevitabilmente si prospetta per l’uomodell’èra atomica. Albert Einstein, con spietata e logica consequenzialità, ha affermato: “La scoperta dell’atomo ha rivoluzionato tutto, tranne il nostro modo di pensare; quindi l’umanità si sta incamminando verso una catastrofe senza precedenti”. A meno che…

Interessantissimo al riguardo lo scambio epistolare, del 1932, con il padre della psicanalisi Sigmund Freud, dove i due prendono in seria considerazione l’ipotesi-utopia di un’evoluzione “metapsichica” della mente umana.

L’antica sentenza “homo homini lupus”, che per quel che conosciamo funziona dai primordi dell’umanità, in futuro potrebbe mutarsi nella nuova formula “homo homini amicus”.

Perché? Come mai? La scienza esplora il mistero! L’immanenza cerca la trascendenza! Quindi, è paradossalmente proprio a questo punto estremo di pericolosità che all’uomo contemporaneo, con particolare lucidità, è dato di comprendere tutta la ragionevolezza dell’utopia della fraternità e della pace. Infatti, cos’è più ragionevole alla fine? Arrendersi
fatalisticamente davanti alla prospettiva di una “escalation” senza fine della guerra, in nome del “naturale” istinto dell’uomo per la violenza, o tentare di ispirarsi ad una concezione
diversa per far camminare il mondo su vie nuove di concordia e di pace? Siamo qui nel cuore della Rivelazione cristiana! I nostri antenati, anche se si dicevano cristiani, potevano
ancora illudersi di considerare la guerra, per quanto terribile fosse, uno strumento alla fine capace di ristabilire la giustizia – vedi tutta la riflessione della Chiesa per definire la “guerra
giusta” – ma per noi oggi assolutamente non è più così!

Questo momento di estremo pericolo coincide misteriosamente con una nuova e felice possibilità di salvezza. È come se all’uomo, adesso più che in passato, venisse offerta la possibilità di un salto di qualità; e per chi si professa cristiano, una comprensione nuova del Vangelo di sempre. Si tratta di credere e di tradurre dentro la storia dell’umanità il dinamismo rivoluzionario della beatitudine evangelica: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Matteo 5,9).

*arciprete di Chiasso

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