IL BLOG DI DON GIANFRANCO
La critica del filosofo Karl Popper: “Cattiva maestra televisione”
Don Gianfranco Feliciani: "Pensava che la tv fosse un po' come l'automobile, chi la guida deve essere responsabile e conoscere bene il codice della strada. Chissà che cosa penserebbe oggi di Internet"

di don Gianfranco Feliciani*

Quando il filosofo della scienza Karl Popper (1902-1994) – insignito del titolo di baronetto dalla defunta regina Elisabetta – pubblicò il trattato “Cattiva maestra televisione”, in cui esaminava con apprensione gli effetti che i programmi generano sugli spettatori, la televisione compiva quasi 70 anni.

La televisione nasce nei primi decenni del secolo scorso, ma è a partire dal dopoguerra che comincia a diffondersi, dapprima tra gli Stati più avanzati e tra i ceti benestanti, poi in un numero sempre più crescente di Paesi. La televisione appare subito come un veicolo comunicativo di grande immediatezza rispetto alla carta stampata e alla radio. Lo spettatore riceve immagini di agiatezza e di consumo e viene così educato alle nuove forme della vita moderna.

La televisione diviene sinonimo di progresso e di benessere, una presenza capace di modificare l’interazione sociale in tutti gli ambiti della vita, da quelli più privati a quelli pubblici e politici.

Spettacolarizzazione, realtà, violenza, storie comuni e fatti singolari diventano gli ingredienti della nuova comunicazione in cui si riflettono i mutamenti della società. Per la sua forza comunicativa la televisione ha suscitato da sempre sentimenti contrapposti. Se da un lato le vengono riconosciuti il grande valore mediatico e potenzialità culturali, dall’altro è vista come uno strumento fortemente manipolatorio che vincola le scelte degli individui e rischia di annullarne la capacità critica.

Popper è sulla linea degli studiosi che evidenziano i pericoli di questa potenza mediatica, e chiede regole stringenti per l’uso di uno strumento capace di condizionare idee e costumi fino a minare le basi stesse di una società libera e democratica. Egli temeva nella televisione un superficiale accostamento di immagine e di parola, che invece di rafforzare il senso critico tendeva a spegnerlo creando così delle forme pesanti di conformismo. Uno dei motivi è che la televisione è un sistema che non ammette replica, e quindi coloro che la gestiscono possono potentemente influenzare l’opinione pubblica imponendo delle mode, livellando le differenze, addormentando il legittimo sospetto delle persone nei confronti di qualsiasi autorità.

Popper pensava che la televisione fosse un po’ come l’automobile. Chi guida un’auto deve essere responsabile e conoscere bene il codice della strada, altrimenti non può avere la patente.

Se questo pensava ieri Popper della televisione, figuriamoci cosa penserebbe oggi di… internet! La questione è seria perché è a rischio il nostro bene più grande: la libertà! La democrazia, dice Popper, è la volontà di non arrendersi di fronte a qualsiasi potere che pretenda di essere irresistibile!

*arciprete di Chiasso

 

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