*Di Don Gianfranco Feliciani
Faremo tutti in questi giorni la visita al cimitero nel ricordo dei defunti, e tutti, credenti o non credenti, ci sentiremo confrontati con l’interrogativo più drammatico che esista e che non si può scansare, quello della nostra morte personale. Come guardare in faccia con saggezza a questo nostro inesorabile destino?
La vicenda di Gesù di Nazaret segna lo spartiacque fra tutti i differenti modi di guardare alla morte, che sono i modi stoici ed eroici di affrontarla in sé, di dominare la paura, di rassegnarsi in maniera nobile e coraggiosa, oppure, come capita per lo più, il contrario: far finta che la morte non ci sia, rifuggirla, esorcizzarla, non pensarci. Ma è un tentativo di rimozione psicologica che inevitabilmente finisce per accrescere l’angoscia, perché falso e illusorio. Siamo così posti di fronte ad un bivio e ad un interrogativo decisivo: qual è l’atteggiamento più saggio da assumere nei confronti della morte che inesorabilmente prima o poi ci coglierà?
Lasciarsi andare nella disperazione o lasciarsi andare in un atto di umile affidamento nelle braccia di Colui che la fede cristiana proclama Risorto? In quel tragico venerdì santo il cosiddetto “buon ladrone” scelse di affidarsi al suo divino e innocente compagno di sventura: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Si sentì rispondere: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Luca 23,42-43). Non pensare più a nulla e lasciarsi andare con fiducia nelle braccia del Signore: questa è la fede! Nel corso della sua lunga malattia il cardinale Carlo Maria Martini fece questa confessione: “Mi sono riappacificato con il pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio”.
Un racconto ebraico, noto anche al mondo islamico, descrive così la morte di Abramo, padre nella fede di tutti i credenti, ebrei, cristiani e musulmani… Abramo, quando l’angelo della morte venne per impadronirsi del suo spirito, disse: “Hai mai visto un amico desiderare la morte dell’amico?”. Gli rispose il Signore: “Hai mai visto un amante rifiutare l’incontro con l’amato?”. Allora Abramo disse: “Angelo della morte, prendimi!”. La morte, da puro e semplice distacco dall’orizzonte terreno e umano, si trasforma in un incontro con il Dio dell’Amore. Con questa certezza nel cuore san Francesco d’Assisi, sentendo arrivare “sorella morte”, aggiungerà una strofa al suo “Cantico delle creature”: “Laudato si’, mi’
Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullo homo vivente po’ skappare”.
*Arciprete di Chiasso