di Don Gianfranco Feliciani*
Da parecchi anni ormai nelle scienze umane si è cominciato ad avere una percezione sempre più chiara dell’inadeguatezza di una visione della vita e del mondo in chiave materialistica e
godereccia. Sul versante psicologico gli specialisti fanno notare l’intimo rapporto tra il regresso della religiosità e il diffondersi delle nevrosi caratteristiche del nostro tempo: smarrimento, solitudine, depressione, incapacità di dare un senso alla propria esistenza.
E i più esposti a questo stato di cose sembrano essere soprattutto i giovani. Ecco alcuni flash che fotografano la situazione italiana (quindi dicono qualcosa anche di noi) e che descrivono la problematica di un universo giovane che gode di scarsa attenzione, per non dire trascurato, dal mondo degli adulti…
Il 46% dei giovani trascorre in media 2 ore al giorno sul cellulare e il 32% di loro dichiara di non leggere mai; il fenomeno dei Neet tocca quota 3.000.000 di persone fra i 15 e i 34 anni; l’abbandono scolastico tra i 18 e i 24 anni in Italia è del 12,7% (contro la media Ue del 9,7%); infine, c’è il paradosso di chi, pur con alti livelli di preparazione, è costretto a cercare fortuna all’estero.
Si fa in fretta a dire, anche nella Chiesa, “i giovani sono la nostra speranza, i giovani sono il nostro futuro”, ma se il mondo degli adulti non sa più indicare e testimoniare loro i valori essenziali della vita, le belle parole diventano slogan ipocriti.
Stiamo abbandonando i giovani al loro incerto destino? A ragione lo psicanalista e filosofo Umberto Galimberti, riflettendo sull’insignificanza sociale a cui sono condannati, parla del “nichilismo che attanaglia i giovani, i quali soffrono a motivo di un contesto culturale che li fa sentire inessenziali, quando non addirittura un problema”.
Si legge nel libro di Amos, il primo profeta della Bibbia: “Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore… In quel giorno verranno meno per la sete le belle fanciulle e i giovani” (8,11.13).
È curioso: perché proprio le belle fanciulle e i giovani? E Amos scrive 7 secoli prima di Cristo… Perché oggi come ieri, dentro tutte le situazioni di crisi – e le crisi economiche e politiche sono sempre la conseguenza di quelle culturali e morali – i primi a soffrirne di più sono sempre i giovani… che sono nel fiore della vita!
*arciprete di Chiasso