di don Gianfranco Feliciani*
Non ho saputo resistere alla curiosità e mercoledì scorso ho ascoltato l’omelia che l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha tenuto in duomo durante i funerali dell’ex presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi.
Soltanto sei minuti è durata l’omelia. Di primo acchito ho interpretato questa brevità, da un lato come il segno di un imbarazzo dell’arcivescovo – come parlare in maniera piana e distesa del Cavaliere dopo le sue disavventure politiche e morali e il rapporto travagliato con la Chiesa? – ma dall’altro, dopo una rilettura attenta delle parole di mons. Delpini, come il desiderio di innalzare il discorso al livello più alto possibile, non già per schivare l’oliva, ma per indicare un criterio di giudizio concentrandosi sulla verità ultima del mistero umano. Sì, partendo dalla verità più profonda dell’uomo, di ogni uomo, ricco o povero che sia, che è quella della sua inesorabile fine e della sua radicale dipendenza da Dio!
Ha detto bene l’arcivescovo: “Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena… Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento… Amare e desiderare di essere amato… Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini… Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Guarda ai numeri e non ai criteri… Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori… Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori… Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, di amore e di gioia. È un uomo e ora incontra Dio”.
Applausi, abbracci, picchetti d’onore, fiori. Nei banchi del duomo siedono gli uomini e le donne che contano, quelli della politica, dell’industria, degli affari, dello spettacolo. In piazza ci sono gli amici e i sostenitori di sempre. E la bara del Cavaliere è a terra. Ora è un uomo povero, come tutti, lui che lascia ai familiari un’eredità valutata in miliardi di euro… È un mendicante, come tutti. Leggiamo nel libro biblico di Giobbe (1,21): “Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò”.
È proprio vero!
*arciprete di Chiasso