di Don Gianfranco Feliciani*
Ricordo l’impressione che mi fece, ero ancora un ragazzo, quando durante un Angelus in Piazza San Pietro sentii Paolo VI pronunciare, con voce grave e come rotta dal pianto, queste parole: “Si direbbe che tra la Chiesa e la società oggi non sussista più un linguaggio comune. È necessario abbattere questo muro di separazione”.
Come per incanto, con l’avvento di papa Francesco si direbbe proprio che questo muro di separazione sia stato abbattuto. A cominciare da quell’inusuale e poco liturgico primo saluto rivolto alla folla la sera stessa della sua elezione, in quel fatidico 13 marzo 2013: “Fratelli e sorelle, buona sera”. In quel semplicissimo e tenerissimo “buona sera” c’è già la spiegazione del meraviglioso “feeling” che subito si è creato tra il papa argentino e la gente.
Umiltà, rispetto, ottimismo, tenerezza, soprattutto tenerezza!
“Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”. È con questo inaspettato appello che “tenerezza” diventa una delle parole chiave – tra le più usate e innovative – del pontificato di Francesco. Il papa la pronuncia più volte già il 19 marzo 2013 nell’omelia della Messa in Piazza San Pietro con la quale inizia il suo ministero, presentandola quasi come un programma di vita. Il 7 aprile, prendendo possesso della Cattedra di San Giovanni in Laterano, Francesco così rilegge la parabola del figlio prodigo: “Il Padre con pazienza e amore, con speranza e misericordia non aveva smesso un attimo di pensare a lui, e appena lo vede ancora lontano gli corre incontro e lo abbraccia con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovero: è tornato!”. E aggiunge: “Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio e sentiremo la sua tenerezza”.
Insomma, la tenerezza non appartiene semplicemente alla sfera dei buoni sentimenti, ma essendo una qualità dell’amore stesso di Dio, possiamo parlare a buon diritto di una “teologia della tenerezza”. Francesco indica un duplice cammino da compiere: innanzitutto occorre scoprire la tenerezza divina superando le false rappresentazioni di un Dio giustiziere e vendicativo, e poi, da questa scoperta, saper trarre le conseguenze ecclesiali più nitide. Dice Francesco con disarmante semplicità e inaudito coraggio: “La Chiesa è madre, e non conosciamo nessuna mamma ‘per corrispondenza’. La mamma dà affetto, tocca, bacia, ama… Quando la Chiesa comunica solo con i documenti, è come una mamma che comunica con suo figlio per lettera”.
Tutto questo è meraviglioso… ma ciò che Francesco da 10 anni sta proponendo alla Chiesa e al mondo non è altro che il Vangelo di Gesù, quel Vangelo che non finiremo mai di comprendere!