di Amalia Mirante *
Apriamo la nostra sintesi settimanale dell'Economia con Amalia parlando della guerra che è tornata in Europa. La Russia ha invaso l'Ucraina; erano decenni che non capitava che uno stato sovrano ne attaccasse un altro nel nostro continente. Purtroppo la sofferenza, la devastazione e la morte sono tornate agli onori della cronaca.
Nel momento in cui scriviamo il conflitto è "limitato" tra la Russia, paese aggressore, e l'Ucraina, paese vittima che con grande orgoglio cerca di difendere la libertà e l'indipendenza dei suoi cittadini. Ancora una volta anche questa maledetta guerra affonda le radici nella guerra fredda. Per i lettori più giovani ricordiamo che con questo termine si indica un periodo storico che parte circa dalla fine della seconda guerra mondiale e arriva al crollo dei regimi comunisti negli anni novanta. In questi cinquant'anni le due super potenze mondiali, Stati Uniti e Unione Sovietica, erano alla testa di due blocchi geopolitici contrapposti ideologicamente dal punto di vista politico, sociale ed economico. La guerra è stata definita "fredda" in quanto non avrebbero potuto risolvere le loro ostilità con uno scontro armato a causa del cosiddetto "deterrente nucleare": una guerra aperta tra i due blocchi avrebbe portato all'escalation nucleare con la distruzione assicurata per i contendenti e pure per il resto del mondo. Entrambe le parti ambivano a conquistare il mondo e a diffondere le rispettive ideologie: da una parte la democrazia e il capitalismo, dall'altra il comunismo.
Da una parte la NATO (North Atlantic Treaty Organization) e dall'altra il Patto di Varsavia, l'Ovest contro l'Est. La NATO è un'alleanza militare che nasce nel 1949 e ha come scopo la difesa reciproca tra i Paesi firmatari in caso di attacco nemico. Il Patto di Varsavia, nato in risposta a questo accordo e denominato ufficialmente "Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca" prevedeva il medesimo supporto, ma tra Paesi comunisti e socialisti. La storia ha decretato la fine dell'Unione Sovietica e con lei del Patto di Varsavia, ma evidentemente non sono spariti tutti i nostalgici. Ed eccoci riportati indietro di un secolo. Quando si pensava di poter conquistare le nazioni e i popoli con i carri armati.
Ed è proprio attorno a quel periodo storico che nascono le sanzioni economiche e finanziarie, anche se non avranno l'esito sperato, anzi. Al termine della Prima guerra mondiale nel 1919 i paesi vincitori (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia) si riuniscono in Francia per definire il nuovo assetto geo-politico-economico europeo e le sanzioni da infliggere alle nazioni sconfitte (Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia). Principalmente si trattò di cedere dei territori, di smantellare o quasi gli eserciti e di pagare somme consistenti come risarcimenti danni. Alla Germania furono imposte le sanzioni più dure. La voce critica dell'economista John Maynard Keynes si levò e ne "Le Conseguenze economiche della pace" descrisse minuziosamente gli errori che si stavano commettendo e le conseguenze drammatiche a cui avrebbero potuto portare.
Secondo Keynes mettere in ginocchio l'economia tedesca con le richieste spropositate fatte, avrebbe portato non solo il popolo tedesco alla fame, ma avrebbe distrutto l'intera economia europea. Questo sarebbe stato il terreno fertile per la nascita di nuovo odio e di nuovi scontri. Scontri e atrocità che purtroppo non tardarono a venire. Approccio totalmente differente si ebbe con la Seconda Guerra Mondiale: naturalmente ci furono delle sanzioni, ma l'accento fu messo sull'idea di ricostruire e generare benessere per la popolazione con il famoso Piano Marshall che prevedeva stanziamenti miliardi per la ricostruzione. Gli Stati Uniti andarono in questa direzione anche perché temevano la forza di attrazione ideologica dell'Unione Sovietica.
Detto questo, ciò non significa che le sanzioni economiche non debbano esserci, semplicemente dubitiamo della loro efficacia. Pensiamo a Cuba e all'embargo che gli Stati Uniti hanno imposto dal 1962 a questa Nazione o ancora all'Iran o alla Siria. La storia sembra dimostrarci che coloro che pagano il prezzo di queste sanzioni sono sempre le persone che spesso nulla possono sulle decisioni politiche.
E arriviamo ai giorni nostri. Le sanzioni sono oggi presentate come uno strumento per far rispettare il diritto internazionale e spesso per promuovere la pace. Curiosando sul sito della Segreteria di Stato dell'Economia (SECO) scopriamo che in questo momento la Svizzera impone sanzioni a molti Stati (Iraq, Libano, Siria, Bielorussia, Venezuela,...) e a persone e organizzazioni legate a fatti particolari (Osama bin Laden, gruppo Al-Qaïda o Taliban; parliamo di terrorismo) o ancora persone che erano relazionate con l'attentato a Rafik Hariri (ex premier libanese ucciso insieme ad altre 22 persone in un attentato a Beirut nel 2005). In tutto contiamo circa una ventina di dossier aperti (consultabili qui). Queste misure riprendono quelle generalmente imposte anche da altri Stati come gli Stati Uniti o l'Unione Europea o anche da organizzazione internazionali come l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
I provvedimenti principali riguardano le restrizioni finanziarie, patrimoniali, i blocchi commerciali, gli scambi monetari, ma anche le limitazioni alla mobilità delle persone, diplomatiche o allo spazio aereo. E di questi strumenti si sta servendo la comunità internazionale per cercare di fermare la Russia. Si va dal congelamento dei beni di personalità russe benestanti e importanti (tra cui lo stesso Vladimir Puti e il suo ministro degli Esteri Seghey Lavrov) al divieto di esportazione di prodotti tecnologici che hanno applicazioni militari; dai limiti dei depositi di cittadini russi su conti bancari esteri, al divieto di importazione e scambi commerciali per determinati settori e regioni; da una lista nera di personalità che non hanno diritto ad entrare nei Paesi, al divieto di esportare tecnologia per l'estrazione di petrolio. Le restrizioni toccano molti settori e molte persone e aziende; certo in Russia, ma anche nei Paesi che hanno relazioni commerciali con questo Stato. Non rimangono molte frecce nell'arco delle sanzioni.
Forse l'ultima, che tuttavia non trova ancora il consenso unanime, è eliminare la Russia dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication). Questo sistema non è una vera e propria banca centrale internazionale, quanto piuttosto un sistema di messaggistica sicuro che consente in tempi rapidissimi di verificare le transazioni bancarie internazionali. Molti lo hanno definito la bomba atomica per il sistema finanziario. mentre scriviamo i Paesi si sono accordati nell'eliminare dal sistema diverse banche russe, non ancora l'intero Stato. Lasciateci dubitare che dato il soggetto in campo, questa minaccia possa servire a interrompere questo drammatico conflitto. D'altronde ogni altra misura rischierebbe di implicare il ricorso alle armi anche a parte della NATO, cosa evidentemente pericolosa per la pace mondiale. Da parte nostra non possiamo fare altro che sperare che questa folle aggressione termini quanto prima. Perché come in ogni guerra non ci saranno vincitori, ma solo vittime.
E di un argomento ben più leggero abbiamo parlato nel nostro articolo settimanale. Ne "Bitcoin: i furti virtuali, sono reali?" ci siamo interrogati sul fatto che sia possibile ricorrere alle autorità e alle leggi che tutelano i diritti di proprietà, quando questi non sono regolarmente segnalati. In concreto, come fanno le autorità a trovare i ladri di qualcosa che esiste solo nel mondo virtuale e che voi non avete dichiarato come essere vostro? Queste domande saranno sempre più di attualità, anche perché le tecnologie legate alle criptovalute entreranno sempre più nelle nostre vite, pensiamo alle monete nazionali digitali.
* economista