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Brenno Martignoni: Madre Teresa di Calcutta, "piccola matita nelle mani di Dio"
Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità, è sempre stata identificata come un esempio di misericordia verso i poveri, tanto da convertirla in una vera e propria icona del XX secolo

di Brenno Martignoni Polti


Nel 1979. Nobel per la Pace. Nelle motivazioni, principalmente, l’impegno per “i più poveri tra i poveri”. Proclamata Beata, il 19 ottobre 2003, da Papa Giovanni Paolo II. A farla Santa, il 4 settembre 2016, Papa Francesco. Una storia che ha inizio in Albania. Ora Macedonia del Nord. Il 26 agosto 1910. A Skopje. Al tempo, Impero ottomano. Genitori benestanti. Originari del Kosovo. Al secolo. Anjezë Gonxhe Bojaxhiu. Madre Teresa di Calcutta. Quintogenita. Anjezë, in devozione a Sant'Agnese. “Pura, casta”. Gonxhe. “Bocciolo di fiore”. A otto anni. Perde il papà. Politico attivo. Forse, avvelenato da agenti serbi. Dai dieci anni, si avvicina alle attività parrocchiali. Coro. Teatro. Aiuto ai poveri. Comincia a sentire dell’India. Attraverso le lettere di missionari. Nel 1928, a diciotto anni, la decisione di farsi suora. A inizio gennaio 1929 è già a Calcutta. Da lì, inviata nel Darjeeling . Ai confini col Nepal. Ai piedi dell’Himalaya. Per il noviziato. Due anni. A studiare inglese e bengalese. Insegnando nella scuola del convento. È anche aiuto-infermiera. Il 24 maggio 1931, prende i voti temporanei. Assume il nome di Maria Teresa, ispirandosi a santa Teresa di Lisieux. In Normandia. Fa ritorno a Calcutta, dove, per diciassette anni, vive e lavora alla Saint Mary’s High School del sobborgo di Entally. Docente di geografia e storia. Vi studia la lingua hindi. La regola monastica non le consentiva  movimenti. Tuttavia, grazie al volontariato di alcune sue alunne, può prendere sempre maggiore consapevolezza delle terribili condizioni di vita negli slum. Nel 1937, i voti perpetui. Vieppiù responsabilità. Fino alla nomina, nel 1944, a direttrice. In lei, cominciò quindi a maturare una profonda riflessione interiore. Nei tumulti di indipendenza. La sera del 10 settembre 1946 partì in treno per Darjeeling, per una dieci giorni di esercizi spirituali. Come lei stessa ricostruirà più tardi, fu proprio in quella notte di viaggio, a contatto con condizioni di povertà estrema, che ebbe la "chiamata nella chiamata". Nel 1948, Madre Teresa ottenne dalla Santa Sede di vivere da sola. Nella periferia della metropoli. Abbandonato il velo nero. Prende la cittadinanza della neo-riconosciuta Repubblica d’India. Per essere ancora più legata a chi voleva servire. Nel 1950, fonda la congregazione della Missionarie della carità. Per loro, ideò una divisa. Un sari sobrio. Bianco a strisce azzurre. I colori degli intoccabili. La casta più povera. “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.” La sua salute, dal 1983, un pesante fardello. Artrite reumatoide. Infarto. Pacemaker. Polmonite. Disturbi cardiaci. Malaria. Rottura della clavicola. Problemi a raffica. Nel 1997. A marzo. L’ultimo incontro con  Giovanni Paolo II. Di lì a poco, il 5 settembre, la scomparsa. A 87 anni. Quattro giorni prima, aveva dovuto declinare l’invito di Buckingham Palace alle esequie di Lady Diana. La principessa, a cui era sinceramente vicina. Una morte improvvisa che l’aveva colta in un frangente già delicato. Pur nel suo essere discreto. Per tutti rimarrà semplicemente “mother”. Per sempre. Come era chiamata. Con affetto. La sua opera, racchiusa in una frase. “Io non sono che una piccola matita nelle mani di Dio”.

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