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01.04.2017 - 16:540
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

"Lugano, il problema è stato la gestione degli stranieri, promuovo gli svizzeri. Che fardello per l'Ambrì, se retrocede rischia di fallire"

Il cronista di TeleClub Angelo Chiello commenta il momento dell'hockey ticinese. "I bianconeri stanno compiendo anche scelte dolorose, vedi Hirschi. Una retrocessione biancoblu sarebbe un danno per tutti".

LUGANO/AMBRÌ – Il Lugano ha salutato l’altro giorno la contesa, eliminato dal Berna nelle semifinali dei playoff. L’Ambri invece suo malgrado continuerà il campionato, nel drammatico spareggio per non retrocedere con la vincente della LNB. Quanto devono temere i biancoblu? E la stagione bianconera è da promuovere o da bocciare? Ne abbiamo parlato col cronista di TeleClub Angelo Chiello.

Come giudichiamo il torneo del Lugano: un fallimento o comunque un successo, essendo arrivati in semifinale?
“Non si può parlare né di fallimento né di successo. Per quelli che erano gli obiettivi dichiarati a inizio stagione è un fallimento, visto che gli obiettivi erano chiari. Ha fatto però più di un passo in avanti nell’ultima parte di stagione a livello di squadra, stanno arrivando anche delle scelte forti, vedi quella che riguarda Hirschi. La condivido? A me dispiace molto per lui ma se vuoi svecchiare la rosa devi prendere decisioni dolorose, pur rispettando colui che resterà sempre un grande. Il Lugano ha deluso negli stranieri, e Shedden ha sbagliato nella prima parte di stagione a spremerli troppo, la loro gestione non è stata ideale e nel momento clou della stagione non hanno potuto dare ciò che dovevano. Benissimo Lapierre, anche Klasen, che avrebbe avuto bisogno di essere gestito meglio, deludenti invece Zackrisson e Martensson. Merzlinkins è stato il top, come sempre, nonostante una stagione un po’ difficile, mentalmente è rimasto forte. Poteva allenarsi meglio senza alcuni problemi, ma è inattaccabile, fortissimo, lo metto al livello di Genoni. E fra gli stranieri, Wilson non ha fatto fare il salto di qualità che si attendeva, mentre gli svizzeri, scelti dal Lugano, sperando che Cunti si riveli altrettanto bravo, sono stati strepitosi, da Bürgler alla sorpresa Fazzini alle certezze Chiesa, Sannitz e Walker.

Per fare il passo in più sono mancati dunque gli stranieri?
“Sì, è mancata una gestione che li portasse a dare il meglio nel momento clou. Il Lugano è uscito per pochissimi episodi e dettagli, poteva battere il Berna. È per quello che non parlerei di fallimento, anche se guardando il nero su bianco lo è. In crescendo poteva battere i campioni e ha ftato un’impresa con lo Zurigo”.

Ireland promosso o bocciato?
“Mi è piaciuto per umiltà e spirito, ha fatto capire quali sono i limiti, ha ricompattato la squadra e lo ha fatto soprattutto sul ghiaccio, dove hanno giocato molto più uniti”.

Ti aspetti un’autocritica dalla società e da Habisreutinger?
Se parla Vicky Mantegazza arriverà un’analisi, più che un’autocritica, perché la società sta cercando di fare il meglio. Per quanto riguarda il ds, come successo per esempio per McSorley, uno deve capire se ha fatto bene o male e non sono certo io a doverlo dire, visto che dietro le quinte non c’ero. Quanto al suo ruolo, all’assenza di inizio stagione e altro il Lugano sa meglio di me cosa deve fare”.

Passando all’Ambrì, come vedi lo spareggio? I segnali incoraggianti ci sono stati, oppure bisogna essere pessimisti?
“Non bisogna partire pessimisti, anche dopo il 6-1 col Friborgo vedevo una squadra in crescita fisicamente. Ancora una volta, uno degli errori più grandi è stato la preparazione fisica. Per tutta la regular season, fisicamente l’Ambrì non c’è mai stato, non è mai arrivato a livello con gli altri. E se col fisico non ci sei, anche i gesti tecnici, gli episodi, ti girano contro. Adesso sta acquisendo questa condizione, tanto che il Friborgo nell’ultima gara ha dovuto spremere la sua prima linea come non mai. Io non sarei pessimista pur in mezzo ad una marea di problemi”.

Ma quanto rischia?
“Rischia tanto, perché non per forza la pausa farà bene. Sarebbe stato meglio continuare a giocare, anche per una questione mentale, dove servivano i risultati che arrivavano. Il power play ha cominciato a girare, i gol sono arrivati, qualche palo di troppo pure, e si stanno riprendendo giocatori come D’Agostini, che è stato il migliore, Maenpää è rientrato prepotentemente, lo stesso Guggisberg si è visto di più. Pesonen ha tirato la carretta, uscendo lui la squadra è andata meglio perché lui era sfiancato e spompato dalla stagione. Ci sono segnali interessanti per l’Ambrì, che deve perô pensare a sé stesso lottando come se fosse davvero ogni volta la partita della vita”.

Mentalmente la squadra è pronta?
“L’Ambrì ha un’eredità pesantissima, ovvero la stagione. Trovare la lucidità vera a livello mentale è difficile. Non è colpa del tecnico, che ora non può fare chissà che: sta a loro, devono guardarsi negli occhi e sentirsi più uniti e più squadra per portare a casa il risultato, per la squadra, la società e anche la storia del club. È un bel fardello, non sarà facile giocare in queste condizioni”.

L’hockey ticinese dovrebbe essere unito, se l’Ambrì retrocedesse sarebbe peccato per tutti, no?
“Secondo me non puoi gioire delle disgrazie altrui, vuoi batterli sul ghiaccio e anche nel tifo. Sarebbe un’ autorete per un tifoso di una sponda e dell’altra festeggiare la sconfitta. Un Ticino unito è un termine forte, ma perdere l’Ambrì sarebbe un danno per tutti, per lo sport, per i tifosi, per il Lugano, per noi che lavoriamo. Se l’Ambrì scendesse potrebbe fallire, perdere un miracolo sportivo sarebbe una brutta botta da assorbire”.


Paola Bernasconi

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