Ieri è stato presentato a Locarno il libro "Vallemaggia devastata, voci e testimonianze di un tragico nubifragio", firmato da Fiorenzo Dadò e dalla giornalista della Regione Cristina Ferrari. Alla presentazione erano presenti, oltre a Luca Dadò, fratello del deputato (con lui nella foto), che ha curato l'edizione, anche la sindaca di Cevio, Wanda Dadò, e il sindaco di Lavizzara, Gabriele Dazio. Si tratta di un'opera voluminosa con molte testimonianze di chi ha vissuto sulla sua pelle la catastrofe di fine giugno e tantissime fotografie, in parte scattate dallo stesso Dadò. La genesi e il significato del libro, uscito in questi giorni, è stato raccontato dal curatore con parole commoventi, che vi proponiamo.
di Fiorenzo Dadò
Un progetto, quello di un libro, che rimarrà nel tempo, che fungerà da trait d’union tra le generazioni, anche quando noi non ci saremo più e le ferite del territorio rimarginate. Il nubifragio che ha colpito l’Alta Vallemaggia alla fine di giugno ha portato dapprima sconforto, preoccupazione e desolazione tra la nostra gente, per non parlare del sentimento di impotenza in coloro che sono chiamati a gestire questi territori con pochissime risorse e mezzi a disposizione. In primis i municipi, patriziati e le associazioni.
Sei ore durante le quali si è scatenato l’inferno. Lo si può immaginare vedendo le foto o visitando, ma vi assicuro che esserci stati è ancora un’altra cosa. Il bilancio è devastante: 7 vittime, un giovane tutt’ora disperso, 440 persone evacuate, più di 100 edifici danneggiati o distrutti, danni alle fognature, agli acquedotti, alle sorgenti, ponti e strade inutilizzabili, assenza totale di luce, elettricità e acqua nelle case e alla Residenza che ospita i nostri anziani di Cevio. Centinaia di vite, di esistenze, ognuno a suo modo, segnate in modo indelebile.
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Non hanno certo aiutato a sollevare il morale e rassicurare le affermazioni prive di sensibilità e, permettetemi, del tutto fuori luogo di chi ha avanzato la proposta di abbandonare le zone più discoste del nostro Paese, in quanto non degne di protezione, perlomeno secondo il criterio costi-benefici.
A dare una mano concreta è per contro arrivata un’ondata di solidarietà generale, innanzitutto locale (abbiamo visto giovanissimi ma anche ottantenni con picco e pala il giorno dopo), dal Ticino intero, e anche dal resto della Svizzera, con a volte commoventi gesti di vicinanza, che non potranno risolvere i problemi ma che hanno motivato e scaldato il cuore (possono confermarcelo Wanda e Gabriele).
Questo poderoso volume, che pesa ben 1, 8 kg, è reso possibile anche grazie alla generosità di numerosi sostenitori, pubblici e privati (l’elenco lo vedete nelle prime e nelle ultime pagine del libro), ma anche da chi ha messo a disposizione le fotografie, e cito Dante Bianchi: grazie al suo attaccamento per il nostro territorio abbiamo potuto ricostruire cosa c’era prima e pubblicare alcune immagini eloquenti del patrimonio antropico, di testimonianza e di arte sacra dei nostri antenati oggi scomparso per sempre. A lui e a loro va il nostro ringraziamento!
Ma arriviamo al perché di questo libro, al motivo scatenante per il quale con mio fratello Luca abbiamo deciso di dare avvio a questo progetto, pur sapendo che non sarebbe stato semplice riuscire nell’intento che vi dirò, considerato anche il poco tempo a disposizione e il mutarsi repentino con il tempo dei ricordi e delle emozioni. Abbiamo quindi coinvolto Cristina Ferrari, conoscitrice di questi luoghi e della particolarità della gente perché amante della montagna, che lavora quale giornalista a La Regione e collabora con noi da anni, e Lorenzo Inselmini, che oltre ad essere responsabile del reparto grafico presso la nostra Casa editrice, ha come noi le radici in Valle Bavona, dove trascorre molto tempo e ha una casa di vacanza.
È proprio un Inselmini della sua famiglia il primo emigrante cavergnese in Australia, emigrazione testimoniata dalla cappella votiva di Mondada, purtroppo andata distrutta. Ringrazio anche Carmela Fiorini che ha letto e riletto il libro correggendo gli errori preparato gli indici dei nomi delle persone citate e coinvolte a vario titolo. È con loro che abbiamo realizzato questo volume e ci tengo pertanto a ringraziarli per la dedizione, la pazienza, e la qualità operativa che potrete vedere e apprezzare.
Dicevo del motivo... Il DNA della nostra famiglia è legato a questi luoghi oggi dilaniati dalla forza della natura. Nostra madre Carmen nata Vedova proviene da una numerosa famiglia di 14 fratelli cresciuti nel piccolo paesino di Peccia, in Valle Lavizzara. Le radici bavonesi dei Dadò sono per contro molto antiche/attorno al 1200: appartengono proprio alle terre colpite di Mondada, Fontana, Roseto e di Cresta, un paesino nei pressi di Gannariente da molti secoli scomparso verosimilmente proprio a seguito di un evento come quello di Fontana. Siamo cresciuti tra queste montagne, che hanno sfamato le nostre famiglie e tra queste montagne abbiamo passato i momenti più felici della nostra infanzia.
La Bavona e la Lavizzara per noi rappresentano Casa, e la comunità che ci vive, nel senso più intimo del termine, è una grande famiglia, alla quale ci sentiamo legati. Di libri ne abbiamo pubblicati tanti, parecchi anche sulla Vallemaggia, ma mai avremmo pensato di dover un giorno pubblicare un libro così.
Ci sono eventi tragici e violenti nella storia di ogni famiglia. Eventi che lasciano traumi e segni indelebili nelle vite di chi li subisce. Tutti noi nelle nostre storie famigliari ne abbiamo certamente alcuni. Il nubifragio che ha devastato l’Alta Vallemaggia, e che ha provocato morte e distruzione, è sicuramente uno di questi. Questa comunità è stata colpita, ferita, dritto al cuore. Nello spazio di alcune ore! Ciò che in quella notte è stato cancellato, lo sarà per sempre. Un lutto. Un prima e un dopo. Un…. per sempre. Come avviene quando ci lascia una persona cara.
La sofferenza silenziosa, la difficoltà senza rimedio, l’incredulità che la mente non riesce a capire sta proprio in quel per sempre. Noi non lo rivedremo mai più. Un prima, un dopo! Nel mezzo, emozioni, che quasi non ricordiamo, razionalmente, ma si sono impresse nell’anima, nel cuore!!
Abbiamo voluto questo libro proprio per accogliere la voce del cuore, dandole continuità, nonostante il trascorrere del tempo. I fatti materiali rimangono incisi come cicatrici nelle pieghe della terra. Li vediamo. Vengono coperti, trasformati dalla vegetazione. Ma si vedono, soprattutto nel periodo invernale, quando non ci sono le foglie. Siamo noi a svanire. E con noi si dissolvono le emozioni che abbiamo vissuto in quegli istanti.
A raccontare ai posteri il dramma e le speranze di questi giorni, non possono però rimanere solo i massi e le carte ufficiali negli archivi. Le emozioni, le paure, la sofferenza, il distacco… lacerante… da quel prima che non c’è più, ma anche le risorse e la bellezza della solidarietà del Ticino intero, che in una circostanza così avversa si sono generate, sono un valore inestimabile, che secondo noi va testimoniato e tramandato. Questo libro, queste pagine vogliono essere un atto di memoria emozionale, di pacificazione interiore verso gli eventi accaduti e di commemorazione della memoria di chi purtroppo non c'è più. Questo è l'intento con cui abbiamo immaginato e realizzato questo libro: dare un senso alle emozioni, attribuendo loro un posto dignitoso nella storia della nostra comunità. Speriamo di esserci riusciti