Cronaca
09.02.2017 - 11:550
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
L'UDC apre al PPD. «Sosteniamo il referendum, ma a due condizioni»
I democentristi chiedono che Dadò assicuri che i rappresentanti a Berna sostengano l'applicazione letterale del 9 febbraio, e che Lombardi si impegni a ottenere l'appoggio di tutti i pipidini alle Camere
BELLINZONA - L'UDC, riunito ieri nel Comitato Cantonale, si è chinato sul referendum dei Cantoni che il PPD intende lanciare sulla legge di applicazione del 9 febbraio. E a sorpresa, apre: siamo disposti a sostenerlo, ma a precise condizioni.
«Il PPD Ticino per voce del suo Presidente Fiorenzo Dadò assicura che i rappresentanti del PPD Ticino a Berna, Filippo Lombardi, Marco Romano e Fabio Regazzi, abbiano cambiato idea e sono oggi disposti a unanimemente sostenere l’applicazione letterale della volontà popolare. In particolare l’introduzione di contingenti, tetti massimi e, evidentemente, della preferenza indigena», è la prima «logica garanzia» chiesta dai democentristi. Poi, «il Capogruppo alle Camere federali Filippo Lombardi si impegna ad ottenere il sostegno unanime dei rappresentanti PPD alle Camere federali e a informare l’opinione pubblica del riscontro ottenuto in seno al partito entro la data di trattazione del tema nel Gran Consiglio del Canton Ticino».
Senza queste condizioni, «premesse il gruppo in Gran Consiglio, su richiesta del Comitato cantonale, non potrà sostenere il referendum cantonale promosso
dal PPD Ticino. Non vi sarebbe ovviamente alcun senso nell’intraprendere un percorso volto a modificare la legge d’applicazione senza che coloro che si sono astenuti facendo sì che il testo venisse approvato nella forma che non rispetta il volere d’iniziativa, non dichiarassero preventivamente la loro volontà di modificare il loro voto in Parlamento e di sostenere il testo di legge proposto dall’UDC. Spiace nuovamente ribadire che chi oggi intende permettere al popolo di nuovamente esprimersi sul tema, facendosi paladino della volontà popolare, abbia deciso di astenersi “coraggiosamente”, per usare le parole del PPD stesso, al momento che i Ticinesi ne avevano più bisogno».
Insomma, l'UDC, per sostenere la richiesta di referendum dei Cantoni, «chiede prova di buona fede e il ravvedimento al PPD Ticino».
Infatti, «il 16 dicembre 2016, la maggioranza del Parlamento federale ha deliberatamente deciso di non rispettare la volontà popolare scaturita dalle urne il 9 febbraio 2014. La Costituzione svizzera, sulla quale hanno giurato i Consiglieri nazionali e i Consiglieri agli Stati, e in particolare l’articolo 121a, è stata indiscutibilmente umiliata. La legge d’applicazione non prevede l’introduzione né di contingenti né di tetti massimi. La preferenza indigena, così come fortemente sostenuta dai ticinesi al momento del voto, è rimasta lettera morta. Il PPD svizzero ha partecipato al sabotaggio dell’applicazione letterale della legge d’applicazione presentata dall’UDC astenendosi in votazione finale. Se l’UDC avesse potuto contare sul sostegno del PPD svizzero la legge d’applicazione che il PPD Ticino intende attaccare in referendum non avrebbe mai visto la luce».
La palla passa ora al PPD. Verranno accettate le condizioni?