Cronaca
19.02.2018 - 12:110
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
Il Giano bifronte, simili e diversi. "Gli svizzeri ti trattano dall'alto in basso, come conquistadores", ma "grazie a loro si guadagna, o perché comprano o perché si lavora da loro"
Oggi si inizierà a discutere, in Parlamento, di Prima i nostri. Gli italiani appena al di là del confine come vedono i ticinesi? "La mia clientela, soprattutto nel fine settimana, è composta per il 30% da loro". Qualcuno parla di "atteggiamento di superiorità". Eppure "è corretto se pensano ai loro disoccupati"
LAVENA PONTE TRESA – Oggi in Gran Consiglio comincerà una battaglia epocale. Nella sessione che si apre alle 14 si parlerà, infatti, di Prima i nostri. Anche se ne hanno parlato in molti, oseremmo dire tutti, da prima della votazione, a dopo l’accettazione popolare, fino ai lavori della Commissione speciale. Quanto uscito dal gruppo di lavoro andrà valutato dai partiti. A destra, chi l’ha prodotta teme che finisca come col 9 febbraio, ovvero con un’applicazione non soddisfacente, a sinistra e al centro si insiste che comunque nulla è applicabile.
La Regione ha voluto tastare il polso degli italiani, appena al di là della frontiera, per capire come vivono il rapporto col Ticino. E a parte chi pensa che l’iniziativa sia del Nano, si avvertono due correnti di pensiero. Chi critica a prescindere gli svizzeri, chi invece li apprezza.
Quali sono i “capi d’accusa”, se così si possono chiamare? “Vengono nel fine settimana come se fossero dei conquistadores, ti trattano dall’alto in basso, sono imperiosi e hanno un certo atteggiamento di superiorità”. Non certo un giudizio lusinghiero, chissà da dove viene… “Sono sempre stati così. Forse hanno un complesso verso gli svizzeri che parlano tedesco, oppure spesso sono italiani che hanno trovato la fortuna di là”.
Se si parla di lato economico, però, quasi tutti riconoscono che senza ticinesi sarebbe difficile lavorare, in questa zona. “La mia clientela è almeno al 30% fatta di svizzeri, soprattutto durante il finesettimana”, spiega un barista.
Qualcuno, parlando di frontalieri, sottolinea che serve rispetto anche da chi va a lavorare. E non viene ritenuto sbagliato voler pensare prima ai propri disoccupati, “È inutile che ci si lamenti. Tutti qui abbiamo guadagnato soldi grazie agli svizzeri, o si apriva un negozio e loro venivano a comprare la merce, oppure si andava a lavorare là e gli stipendi erano buoni”.
Insomma, amore e odio, vicinanza e lontananza, ma la consapevolezza che gli uni senza gli altri, o in questi caso, questo lembo di Italia senza la Svizzera, non si potrebbe esistere. Due realtà, come le due facce di un Giano bifronte, simili e diversi.