CRONACA
"Firma prima della formazione di un governo? Ci vorrebbe un miracolo", Cassis realista. Ma Salvini potrebbe cambiare le carte in tavola
Il leghista sarebbe pronto a proporre una flat tax del 15% in modo che i frontalieri non debbano pagare più tasse di chi lavora in Italia. Il Consigliere Federale ticinese spiega che "o si firmava l'accordo prima delle elezioni oppure il tutto sarebbe andato a dopo". Ma prima l'Italia dovrà avere un governo stabile...
CRONACA

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ROMA – L’Italia ha votato una settimana fa, ma appare lontana dall’avere un nuovo governo. Infatti, nessuno ha raggiunto il quorum necessario, e serviranno per forza delle alleanze, che non sono semplici da costruire. Una sorta di governeranno tutti, forse. Si vedrà, ma sicuramente la soluzione non è dietro l’angolo.

Per la Svizzera, cosa cambia? In ballo c’è, come noto, la firma dell’accordo fiscale. Dibattuto, discusso, sin da quando è stata parafato nel 2015, Burkhalter aveva promesso la firma entro fine anno scorso, che poi è slittata. A quando? In teoria, a dopo la formazione del nuovo governo. Che ancora non c’è.

E dipenderà, ovviamente, da chi governerà. Quello dei frontalieri è senza dubbio un bacino di voto interessante, per cui i politici non hanno disdegnato di favorirli per attirare voti. Matteo Salvini e la sua Lega, per esempio, stanno pensando a una flat tax per i frontalieri, ovvero una tassa unica del 15% per i lavoratori della zona di confine, in modo che essi non paghino di più rispetto a chi lavora in Italia, quello che invece avverrebbe con l’accordo fiscale.

Il quale, a questo punto, potrebbe anche saltare. Sono solo ipotesi. Interpellato dalla RSI, il Consigliere Federale Ignazio Cassis, che ieri era a Lugano, ha detto la sua: “Non dobbiamo attenderci una firma prima che ci sia un nuovo governo stabile. Quando ho incontrato a novembre il Ministro degli Affari Esteri mi è parso chiaro che o si faceva prima di Natale o dopo le elezioni. Salvo miracoli, non ci saranno firme fino a dopo la formazione del Governo”, ha spiegato, molto schiettamente.

“Cominciamo a lasciar formare il Governo, poi prenderemo contatto con chi di competenza e vedremo se si riuscirà a fare il passo”, ha aggiunto.

Tutto fermo, quindi. Marco Romano del PPD aveva anche chiesto alla Svizzera di non firmare, sostenendo che, con l’introduzione del salario minimo, in ogni caso il nostro paese non avrebbe avuto dei veri guadagni, e che quindi poteva attendere finchè l’Italia non concederà l’accesso ai mercati agli operatori ticinesi. La volontà di Berna, invece, pare quella di concludere. Il problema è capire con che interlocutore…

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