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Cronaca
06.05.2018 - 15:260
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

Il presidente di Helvetia Christiana, "ci hanno dati ragione anche i comunisti. L'omosessualità non è un peccato, solo che si parla di famiglia... I cattolici danno fastidio"

Marco Giglio non le manda a dire. "C'è una cristianofobia, ma adesso ci impediscono anche di manifestare, un diritto che tutti, in una democrazia dovrebbero avere. Altrimenti togliamo la democrazia... Non giudico le persone ma come si pongono, dunque lo stesso discorso vale per esempio per la Street Parade"

LUGANO – La polemica del weekend riguarda senza dubbio il rosario, da celebrare pubblicamente, chiesto dall’Associazione Helvetia Christiana, per il Gay Pride. In mezzo a tante voci, abbiamo voluto sentire quella del presidente, Marco Giglio.

Ci spiega cos’è la vostra Associazione?
“È un’associazione di laici, cattolici e non, che ha come obiettivo e metodo di lavoro combattere per i valori cristiani e difenderli, difendere le nostre radici e ciò che ha reso grande la nostra Nazione e il Ticino. Quali sono? La famiglia, nel senso cristiano del termine, il fatto che chi lavora deve avere il giusto reddito e il giusto riconoscimento non solo economico ma anche morale, penso alle casalinghe che lavorano in età avanzata, il principio di tradizione, che va da quella religiosa a quella culturale”.

Siete laici, ma in che rapporti siete con la Chiesa?
“Abbiamo contatti sia con quella cattolica che con quella protestante. Siamo in maggioranza cattolici. Praticanti? Dipende che cosa si intende dal termine, per qualcuno vuol dire andare in Chiesa una volta all’anno. Siamo persone che hanno a cuore un certo punto di vista della società, culturale e morale. La libertà e la responsabilità dell’individuo sta al centro, ben venga se qualcuno va tutti i giorni in Chiesa, se uno lo fa una volta alla settimana, è sua scelta. Ciascuno deve vivere con la propria coscienza e il proprio modo di vivere”.

Com’è andata la richiesta di poter fare il rosario?
“L’ho chiesto cinque mesi fa. Non volevo una data, una piazza o un orario specifici. Volevo solo sapere quando e dove, un po’ prima, per organizzarmi. Non sono nemmeno stati capaci di darci una piazza, perfino davanti a una Chiesa, in una città episcopale… Sarebbero state, penso, una ventina di persone, che avrebbero manifestato, in maniera cattolica, con partecipazione di cittadini anche non cattolici, svizzeri e non, che volessero pregare per i valori cristiani, per una rinascita di essi, non contro persone o contro il Gay Pride”.

Come giudica il Gay Pride?
“Da un lato, sono per la libertà di tutti di manifestare con mezzi legali e democratici consoni alla Svizzera. Quel che mi dà fastidio è l’esagerazione, che reputo un problema di decoro: non dobbiamo dimenticarci che ci sono bambini e persone che non vogliono vedere certe cose. Non parlo delle persone, ma di come si pongono, qualcuno nudo, qualcuno vestito da vescovo, poco rispettoso”.

Ma ciò non vale anche per altre manifestazioni, dal Carnevale alla Street Parade?
“Vero, per me è la stessa cosa, è una sorta di Gay Pride… Non abbiamo mai chiesto un rosario, ma la nostra Associazione ha solo un anno. Non siamo qui per combattere contro persone però per i valori”.

Dell’omosessualità cosa pensa?
“Da cattolico, ho la posizione della dottrina sociale della Chiesa. Gli omosessuali sono persone e cittadini che hanno diritti e non solo doveri, quelli democratici che la Svizzera conosce. Non giudico gli individui, non so se il loro essere omosessuali è una scelta o no. Mi dà fastidio quando pretendono di avere dei bambini, come se si parlasse di sedie o scatole di banane. La famiglia è un dono, manca la valorizzazione di ciò. Il Gay Pride causa una visione del tipo ‘vogliamo i diritti e ce li dovete dare’. Che una famiglia sia un regalo lo dimentichiamo spesso anche noi eterosessuali. A livello di concezione naturale, gli omosessuali non possono avere bambini, non sono io a non volerlo ma la natura a non prevederlo. L’Associazione sposa la visione cattolica, la difesa della famiglia tradizionale”.

Se invece una persona è omosessuale ma non vuole bambini, la rispettate e accettate?
“L’omosessualità in sé non è giudicata un peccato dalla Chiesa. Non è mai stato detto che chi lo è deve essere definito cattivo o senza diritti. Il problema è quando si toccano matrimonio o bambini, che fanno parte della dottrina della Chiesa stessa. È come entrare in un’associazione, ci sono delle regole, che a volte favoriscono qualcuno e a volte altri, sono norme sociali. Ciò non vuol dire non rispettare le persone, non le condanno, sono anche buone nel lavoro e nei rapporti sociali”.

Impedirebbe il Gay Pride, se fosse lei a decidere?
“Bella domanda… Reputo che nella maniera in cui è fatto oggi, come anche la Street Parade, che metto nello stesso calderone, sarebbe da impedire”.

Che messaggi lancerebbe ai partecipanti e al Municipio?
“Ciascuno può manifestare, ma deve permettere anche a chi non è d’accordo di esprimersi, di avere i diritti costituzionali, che noi ci vediamo rifiutati da una città addirittura episcopale, il che è ancora più assurdo. Il Municipio parla di parità, nella sua risposta, ma parità verso chi? Non abbiamo detto che vogliamo fare il rosario il giorno stesso del corteo, perché non è stato possibile darci il permesso? Perché non siamo stati contattati direttamente? Ci hanno rifiutato i diritti fondamentali, che da cittadino svizzero accordo a tutti gli svizzeri. C’è una cristianofobia, i cristiani danno fastidio. Ma un conto è dare fastidio e poter manifestare, ora ci impediscono di manifestare…”

Forse il Gay Pride porta indotto alla Città, che è attenta anche a ciò, non pensa?
“Cosa c’entra? I diritti costituzionali sono a prescindere da questioni economiche. Spero non sia così, se essi vengono ridotti solo a ciò… il Municipio è lì non per fare indotto ma per osservare che le persone stanno bene e per aiutarli affinchè ciò succeda. Pensi, ci hanno chiamati anche dei comunisti, che ci hanno dato ragione. Il problema è di fatto, se siamo in Svizzera e vogliamo parlare di democrazia, altrimenti se qualcuno decide solo perché ha il potere cambiamo sistema, e togliamo la democrazia”.

Paola Bernasconi
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