BELLINZONA – Ticino&Lavoro, assieme al gruppo Facebook “Insieme si può”, era pronto a scendere in piazza, per lanciare un grido d’aiuto al Governo per i disoccupati, le persone in assistenza, coloro che non riescono a star dietro ai premi delle casse malati o a prendersi un casa perché i tassi ipotecari sono troppo alti, per chi subisce dumping salariale. Ci si aspettava qualcuno pronto a mostrarsi. Invece i presenti erano a occhio e croce 25!
Sì, avete letto bene: 25. E il corteo non c’è stato. C’è la delusione, tanta, in Giovanni Albertini, che danni si spende per la causa. C’è anche la rabbia. “25 persone su 13'000 e più iscritti sul gruppo, con tanta sponsorizzazione Internet, dappertutto. Quando qualcuno si attiva per difendere disoccupati e persone in assistenza si pretende almeno la presenza. Ho preso un pomeriggio libero, io, penso che loro possano dedicare quarantacinque minuti per scendere in piazza e farsi sentire”.
“Sta a testimoniare che il Governo purtroppo ha ragione, e che i disoccupati e chi sta in assistenza ha una situazione che va bene. Se io stessi male in una condizione e vedessi che i politici non fanno nulla per me e per migliorare le condizioni del lavoro in Ticino sarei il primo a scendere in piazza e a portare la mia voce. Vuol dire, appunto, che stanno bene. E ne prendiamo atto come associazione”.
Già qualche tempo la delusione lo aveva spinto a riconsiderare l’impegno, in mattinata aveva scritto sui social che se ci fosse stata poca gente si sarebbe fatto qualche domanda. “È il minimo, col tempo che ci mettiamo, anche i soldi, se il riscontro che abbiamo, tanto vale. Farò una riflessione”.
È furibondo. “Ce l’ho coi leoni da tastiera, che gridano dietro a un computer ma quando c’è da metterci la faccia nascondono la testa sotto il cuscino, come gli struzzi sotto la sabbia. Non voglio farmi portavoce di questa gente, voglio persone che hanno voglia di rientrare nel mondo del lavoro, come ho visto in Croazia, o ora nell’edilizia. Rappresentare chi non si mette nemmeno in gioco per i propri diritti non mi va”.
Per l’edilizia si sono mosse 3'000 persone, qualcuno cinicamente ha osservato che è un settore pieno di frontalieri. Ma loro c’erano e Albertini concorda. “Esatto! Hanno voglia di lavorare, di difendere le loro condizioni di lavoro, hanno una mentalità diversa dai nostri, si tolgono la paglia dal c—o. Ci sono, marcano presenza, temono che le condizioni peggiorino e le difendono, come è giusto che sia. E qui non avviene”.
A chi non c’era vorrebbe dire che “è inutile reclamare dietro a un pc e non scendere in piazza per i propri diritti e dire la propria. Nella vita quando si perde un lavoro, bisogna lottare, non solo lamentarsi, unirsi, provare a migliorare le proprie condizioni. Sennò il Consiglio di Stato pensa che chi è disoccupato sta bene così, tanto qualche soldino lo prende, così come coloro che sono in assistenza, e che le loro statistiche sono quelle reali. Dunque, perché lamentarsi che i dati non sono veri, quando in piazza si sono presentate 25 persone? È assurdo. Perché, mi chiedo? Perché erano solo in 25? Perché chi ha tempo e poteva venire non c’era, nei confronti di un Governo immobilista. Oggi rappresentavamo diversi temi, volevamo dire basta ai premi delle casse malati alti, ai crediti ipotecari difficili da ottenere, al dumping, agli sgravi fiscali per chi non lo merita, c’era tanta carne al fuoco. Siamo un Cantone che ha smesso di lottare e che si lamenta”.