BELLINZONA – Quando si parla di intolleranza, purtroppo, non c’è età. Ma chi avrebbe mai detto che gli anziani si sarebbero dimostrati più aperti e meno giudicanti dei giovani di fronte a una ragazza che sta facendo una transizione per sentirsi finalmente sé stessa? Questa è la storia di una giovane del Bellinzonese (nome noto alla redazione).
La tua transizione è cominciata un anno fa, a 25 anni. Come sei arrivata a questa scelta?
“Il primo ricordo che ho, avevo attorno ai 5 anni, è di me che giocavo coi rossetti di mia nonna, le rubavo gli indumenti femminili. Nell’adolescenza, attorno ai 15 anni, mi sentivo più propensa al mondo femminile, mi scontravo coi ragazzi, non sentendomi parte del gruppo. E li ho iniziato a farmi domande su perché mi piaceva truccarmi piuttosto che giocare a pallone. Mi sono detto che ero particolare. A 18 anni ho conosciuto la mia ex ragazza, con lei ho cominciato a pormi domande davvero, non capivo come mai mi sentissi donna e mi piacessero le ragazze. Tre anni fa, dopo sei di storia, ci siamo lasciate e ho iniziato a riflettere su di me”.
Lei è stata dunque la prima persona con cui ne hai parlato apertamente?
“Sì, e veramente tanto. Credevo che magari il vestirmi da donna fosse un angolo di sfogo, come i travestiti, ma la voglia usciva sempre più spesso, diventava la mia vita. La mia ex ragazza era etero, era innamorata del ragazzo che ero prima, per lei non è stato comunque semplice, e nemmeno per me. Ho seguito un lungo percorso con uno psichiatra, finchè un giorno ho capito: sono una donna! Mi guardavo allo specchio e il ragazzo che vedevo non era ciò che mi rappresentava, provavo una forte repulsione. Dopo molti test e sedute mi è stato dato l’ok per la cura ormonale”.
E in famiglia quando l’hai detto?
“Mia mamma l’ha sempre saputo, aspettava una conferma di quel che sentiva: mi aveva beccato addormentata col tutù di una mia sorellina. Attorno ai 22-23 anni ho scritto una lettera a lei e a mio papà. Lui, da uomo del sud, aveva in me l’unico figlio maschio. Non l’ha accettato, lo scorso anno non ci parlavamo, adesso è felice per me, ha capito che mi fa star bene, che sono migliorata nella vita sociale. Non riesce a chiamarmi con un nome femminile però accetta che io voglia essere felice. Nel resto della famiglia ho un enorme supporto, che non tutte le ragazze hanno”.
Poi hai conosciuto la tua attuale ragazza.
“Ci siamo conosciute in Italia, una decina di mesi fa, quando stavo cominciando il mio percorso. Da sempre ha saputo chi sono, è la persona che mi è stata più vicina, mi ha aiutato a ritrovare me stessa, a affrontare le mie paure, la cura ormonale”.
Però hai avuto anche degli episodi poco simpatici, vero?
“Partiamo dal fatto che io sono molto fortunata. Alcune settimane fa una persona con degli account falsi mi ha preso di mira su Facebook. Tanti ragazzi mi scrivono associandomi, come trans, a una prostituta, chiedendomi sesso a pagamento: credevo fosse qualcosa di simile. In realtà era molto offensivo, ha minacciato di picchiare la mia ragazza. Poi si è presentato sotto casa mia scrivendo ‘muori p-----a’ sotto casa mia. Ho fatto denuncia, però non so più nulla. Dal modo in cui scrive si vede che è omofobo, infastidito dal fatto che io stessi con una ragazza, che sia trans. Gli avevo chiesto ‘cosa ti ho fatto di male per meritarmi questa violenza verbale?’, mi ha risposto ‘ ho scelto te’. Dunque ritengo sia qualcuno che insulta in modo seriale, malato, non è costruttivo o uno scherzo simpatico quel che ha fatto. Durante la transizione ho perso molte persone. Mi ha fatto male vedere che non accettavano la mia scelta, ma mi hanno dimostrato di non essere mai state amiche, perchè un amico ti accetta”.
I tuoi progetti nella vita quali sono?
“Lavoro come assistente di cura, mi piacerebbe diventare infermiera. Lavoro con gli anziani, anche persone con Alzehimer. Mi preoccupava un po’ la loro reazione, sono di un’altra mentalità e di un’altra epoca”.
E invece?
“Sono di una dolcezza disarmante. Un’anziana un giorno mi ha detto ‘ hai il viso più femminile del solito’. Non mi sono nemmeno sentita accettata, ero semplicemente parte di loro. Dalla loro esperienza hanno capito che conta cosa una persona ha dentro, mi vogliono bene per la persona che sono, mi prendo cura di loro e ci metto il cuore. Pensa che il mio capo per non mettermi a disagio mi ha messo a disposizione uno spogliatoio tutto per me”.
Mai avuto dubbi?
“Lo temevo, dato che in passato mi reprimevo parecchio. Invece mai, già dalla prima pastiglia. Mi sento più me stessa, più libera, mi esprimo meglio, sono più felice”.