BERNA - I rifugiati ucraini col permesso S possono lavorare in Svizzera. E alcuni settori, come la ristorazione, ha visto in loro una ipotetica ottima possibilità per riempire i posti vacanti. Gastrosuisse è convinta che possa trattarsi di una bella opportunità ma che non basterà a colmare le lacune di personale, vista la differenza linguistica.
Quello della ristorazione è senza dubbio uno dei settori più colpiti dal Covid. Le chiusure prolungate hanno messo a dura prova moltissimi locali, e a lungo sono stati invocati aiuti maggiori rispetto ai sussidi concessi da Confederazione e Cantoni (leggi qui, per esempio, e leggi qui). Anche la richiesta del Covid pass agli avventori sicuramente non ha aiutato gli affari, escludendo i non vaccinati dai frequentatori.
Come risultato, tanti ristoratori hanno dovuto ridurre il personale. Ma molti si sono trovati, al momento in cui avrebbero potuto riprendere a pieno regime, a non avere più dipendenti. Parecchi di loro infatti hanno trovato altro, in campi diversi. Un problema segnalato anche dal famoso chef Alessandro Borghese (leggi qui): una tematica presente anche in Svizzera.
Quindi, i rifugiati ucraini possono rappresentare della manodopera utile per il settore? Gastrosuisse stima che da febbraio 2020 i posti persi nella ristorazione siano 30mila. E non sempre si trovano persone disposte a riprendere, o a iniziare, a lavorare.
Per esempio il Canton Berna ha creato una piattaforma per i cittadini ucraini con permesso S in cerca di lavoro. Ma probabilmente non basteranno a colmare le lacune, tanto più che la difficoltà maggiore è la lingua. Stare a contatto coi clienti presuppone la capacità di dialogare, che evidentemente non sempre può essere presente in chi è arrivato da poco e da lontano.
A dire che non sarà sufficiente ricorrere ai permessi S per tornare a pieno organico negli esercizi pubblici è un'analisi dell'agenzia finanziaria AWP, che ha coinvolto le associazioni di settore.