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10.05.2017 - 16:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Le ricette del PS, "salario minimo a 3'750/4'000 franchi, regolamentazione del lavoro in prestito, potenziare i controlli antidumping e non solo"

Il Partito Socialista promette "impegno per un lavoro e salari dignitosi" per combattere l'esplodere dei casi di persone in assistenza. "Noi ci eravamo opposti ai tagli della maggioranza..."

BELLINZONA – Le cifre rese note ieri riguardanti le persone in assistenza stanno facendo discutere. Se i Verdi si sono detti quanto meno contenti del fatto che il Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli abbia ammesso l’esistenza del problema, definendosi preoccupati, i socialisti vanno oltre, rimarcando con forza la necessità di inserire un salario minimo e accusando le politiche dei partiti di maggioranza.

“Le parole di preoccupazione espresse dal direttore del DSS Paolo Beltraminelli non bastano. La situazione del mercato del lavoro ticinese impone un radicale cambio di rotta nella politica portata avanti dai partiti di maggioranza e l’attuazione immediata di misure concrete, come proposto dal PS in occasione della recente Conferenza cantonale consacrata al lavoro”, scrive infatti in una nota il partito di Righini, dopo aver riassunto la situazione, mettendo l’accento in particolare su chi lavora ma necessita delle rendite assistenziali per arrivare a fine mese.

“L’anno scorso il PS si è energicamente opposto agli ennesimi tagli previsti dalla manovra finanziaria di rientro poiché avrebbero peggiorato le condizioni di vita di molti Ticinesi mettendoli in seria difficoltà. Dal 2014 al 2016 sono già state tagliate prestazioni sociali per 55 milioni di franchi, di cui 35 sui sussidi di cassa malati e 15 sulla politica famigliare. Questa politica è irresponsabile ed è deleteria per il ceto medio basso. Tagliare delle prestazioni sociali indispensabili per vivere dignitosamente significa spingere le economie domestiche con i salari più deboli verso l’assistenza sociale!”, hanno ricordato, attaccando poi: “questa situazione richiede degli interventi e dei correttivi concreti che i partiti di maggioranza hanno dimostrato di non volere adottare. Il fatto che 1'116 persone abbiano bisogno dell’assistenza sociale benché lavorino dimostra che è imperativo introdurre un salario minimo giusto e adeguato al costo della vita”.

Il PS parla anche di numeri, proponendo “minimo salariale di 3’750/4'000 franchi, posto oltre la soglia della povertà, che permetta una vita dignitosa e che impedisca di compensare dei salari non dignitosi con l’aiuto sociale”.

Non manca, nel comunicato, l’analisi, che ritiene che “la precarizzazione sia generata da un aumento spropositato del lavoro a tempo parziale o su chiamata, di cui sono vittima soprattutto le donne che occupano il 70% di questi posti di lavoro, va affrontata adottando delle misure incisive”: per prima cosa “è più che mai necessario regolamentare il  lavoro a prestito e il settore delle aziende interinali: dal 2000 le agenzie di lavoro interinale sono triplicate. Dal 2005 al 2015 i lavoratori interinali sono raddoppiati e le ore di lavoro prestate sono aumentate del 172%!”

Ma anche “la disoccupazione di lunga durata, la precarietà delle lavoratrici e dei lavoratori oltre i 50 anni, l’entrata dei giovani nella vita attiva richiedono degli investimenti mirati, indispensabili per promuovere il lavoro e combattere l’esclusione. Bisogna potenziare i controlli adottando da subito il potenziale massimo previsto dal controprogetto al dumping salariale; creare un fondo del lavoro finanziato con le entrate dell’autodenuncia esente da pena, rivelatesi tali grazie all’opposizione del PS al 70% di sconto che i partiti di maggioranza volevano adottare. Occorre applicare da subito dell’art. 10 della L-Rilocc e dare con urgenza seguito al Piano cantonale dell’alloggio”.

Insomma, le possibilità di agire, secondo i socialisti, ci sono, ma bisogna muoversi, e farlo in fretta.
La nota si conclude con la promessa di proseguire “nell’impegno per un lavoro e dei salari dignitosi, contro i tagli alla politica sociale e famigliare. Questa è la sola via per lottare concretamente contro l’impoverimento delle lavoratrici e dei lavoratori, il peggioramento della qualità di vita dei Ticinesi e la drammatica situazione che nel nostro Cantone costringe quasi 8'000 persone a ricevere l’aiuto dell’assistenza sociale”.





       
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