BELLINZONA – In Italia li chiamano spesso con l’acronimo inglese NEET, ovvero "not (engaged) in education, employment or training": giovani che non studiano, non lavorano, non cercano nemmeno lavoro. Manuele Bertoli pensa a loro. Non per tutti il percorso scolastico ha successo, ci sono intoppi, a volte ci sono problemi. In Ticino possiede un titolo di studio (maturità federale, maturità professionale, maturità specializzata, attestato federale di capacità, certificato professionale federale) l’88% dei giovani, in Svizzera il 90%. L’obiettivo sarebbe portarli al 95% (calcolando quelli che hanno raggiunto il 25esimo anno di età).
Come? Su La Regione di oggi, il Consigliere di Stato lancia un’idea: scuola dell’obbligo sino a 18 anni e non più solo a 15. Il che non vuol dire per forza stare tra i banchi, ”ma non permettere loro di rimanere a casa, annoiati sul divano o persi nei socialmedia, solo perché qualcosa non ha funzionato nel percorso postobbligatorio, di studio o di apprendistato”. Chi non ha un titolo studio, non trova lavoro, o almeno fatica quattro volte più di chi ce l’ha. E non sempre nemmeno per loro è facile.
Bertoli vuole reagire. “L’età adolescenziale -è periodo complesso e delicato, perché contraddittorio e teso alla ricerca della propria identità e autonomia, non solo professionale. E lo è ancor di più oggi che l’età di transizione dall’infanzia al mondo adulto, quella adolescenziale appunto, si direbbe tenda ad estendersi oltre i vent’anni, prolungando così l’illusione di una giovinezza senza fine. Il ritorno alla realtà può essere duro e difficile”.
E rilancia: “l’obbligo di studio sino a 18 anni potrebbe essere la soluzione ideale anche per il Canton Ticino, dove peraltro la richiesta di maggior formazione professionale è data anche dalla concorrenza generata dalla presenza di manodopera estera. Un impegno che mi assumo volentieri”.