LUGANO - Perchè la Svizzera non accoglie anche persone provenienti dalla Russia che non desiderano combattere, oltre ai rifugiati ucraini? E dare armi, in qualsiasi forma, a altre nazioni significa perdere la neutralità. A un anno esatto dallo scoppio della guerra in Ucraina, si discute molto di neutralità e ne parla anche Tiziano Galeazzi, Municipale di Lugano e granconsigliere.
Inizia da un po' di storia: "È dal 1515 che se ne parla, per noi svizzeri essere neutrali significa molte cose, tra cui molte interpretazioni ma pur sempre chiare e cristalline. Tenersi fuori dai conflitti armati e non partecipare direttamente o indirettamente ad alimentare questi conflitti. Inoltre dopo la battaglia di Solferino nel 1859, con il nostro Henry Dunant nasce pure la Croce Rossa e poi internazionale che ancora oggi trova sede a Ginevra. Questo dunque non impedisce al nostro Paese di prestare aiuto umanitario in situazioni di guerra. La neutralità elvetica risale al lontano 1516, quando a un anno di distanza dalla battaglia dei Giganti – l’ultimo conflitto armato combattuto dalle truppe della Confederazione dei XIII e conclusosi con una cocente sconfitta a opera dell’esercito francese – la Svizzera stipulò con Francesco I° re di Francia un trattato di pace destinato a fare scuola".
"Per questo motivo, per la nostra storia, la neutralità della Svizzera non va assolutamente negoziata. Dobbiamo rimanere quindi uniti, fermi e immuni a continue lusinghe da parte di coloro che le guerre le alimentano", prosegue Galeazzi.
"Paesi abituati a far danni in tutto il mondo e a Istituzioni internazionali che per una ragione o l'altra assecondano i belligeranti. Leggendo la cronaca di questi giorni ho paura anche per quanto riguarda gli armamenti: guardiamoci bene nell’esportare, anche se indirettamente, qualsivoglia arma. Perderemmo in un solo gesto tutto quello che siamo stati e tutto quello che abbiamo fatto per il bene della nostra nazione, cancellando Marignano", è il suo monito.
Ma poi va oltre: "Visto che ci consideriamo un paese altamente umanitario (a geometria variabile per taluni intellettuali e politici di parte), dimostriamo allora di esserlo con i fatti, non con le parole. Se proprio vogliamo dirla tutta, a questo punto dobbiamo poter accogliere provvisoriamente persone che provengono dalla Russia, non intenzionate ad imbracciare un fucile per andare ad uccidere o farsi uccidere. Ma questa prerogativa pare non sia accettata da Berna e questo è semplicemente scandaloso".
A suo avviso, essere davvero neutrali comporterebbe aprire le porte anche ai russi, non farlo invece "vorrebbe significare, come sul discorso della neutralità, che a dipendenza delle circostanze, degli interessi economici e politici, indirizziamo la prua della nostra barchetta rossocrociata".