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23.05.2022 - 14:260

Brenno Martignoni: Adriano Olivetti, la “fabbrica perfetta” e la morte misteriosa 

L’attualità del pensiero al centro dell’utopia di un coraggioso sognatore e gli interrogativi mai risolti sulla scomparsa del geniale fondatore dell’informatica italiana

di Brenno Martignoni Polti

 

“In me non c’è che futuro”. Sta tutta qui l’attualità del pensiero. Della filosofia. Al centro dell’utopia di Adriano Olivetti. La fabbrica perfetta. Nato l'11 aprile 1901. Figlio di Luisa Revel e di Camillo Olivetti. Il papà già fondatore dell’officina originaria. Adriano si misurò con il battesimo del fuoco. “Nel lontano agosto 1914(…) mio padre mi mandò a lavorare in fabbrica. Imparai così ben presto a conoscere e odiare il lavoro in serie: una tortura per lo spirito che stava imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina… Per molti anni non rimisi piede nella fabbrica”. Nel 1924 si trova negli Stati Uniti. Lì tocca con mano le innovazioni rivoluzionarie di Henri Ford. Paghe orarie più alte. Tempi di lavoro ridotti. Idee fatte proprie nei suoi avanzati progetti. Nei concetti di spazio e di qualità del lavoro. Determinato e abile. Coraggioso e sognatore. Stupefacente eccellenza. Con convinta responsabilità sociale. Di alte sensibilità umanistiche etiche religiose. Andando oltre le macchine per scrivere. Si concentra sulla nascente elettronica. Su consiglio di Enrico Fermi. Che gli fa conoscere l’ingegner Mario Tchou. Genio. Gentile e simpatico. Figlio dell’ambasciatore cinese in Vaticano. Nel 1958, il primo vero Personal Computer della storia, il P101. La NASA se ne servirà per progettare l’allunaggio dell’Apollo 11. Battuta sul tempo. La statunitense IBM. Finchè. Ex abrupto. Adriano Olivetti morì sul treno, che da Milano lo stava portando a Losanna. Sabato 27 febbraio 1960. Un malore mai diagnosticato. Si disse. Forse, infarto. Oppure emorragia celebrale. Non si fecero autopsie. Trovato a Aigle, nell’ultimo scompartimento della carrozza di seconda classe. Lui che si muoveva sempre con biglietto di prima. Stava preparando l’entrata in borsa delle azioni Olivetti-Underwood. Sarebbe dovuto partire, a giorni, per gli States. Dove avrebbe assemblato il nuovo ordinatore Olivetti. Da lanciare sul mercato mondiale. L’anno seguente, il 9 novembre 1961, a perdere la vita, in un incidente, l’alter ego dei successi, ingegner Mario Tchou. Purosangue della ricerca. Altro colpo ferale. Di botto. Non meno strano. Le indagini su Adriano Olivetti e su Mario Tchou furono chiuse per direttissima. Non scevre da congetture. Anzitutto, il complotto della Cia. L’intelligence americana impensierita dai due cervelli. Olivetti e Tchou, in piene trattative con Sovietici e Cinesi. Sinora nessuna verità. È però certo che i due improvvisi decessi, in pochissimo tempo, portarono alla dismissione della Olivetti. Punta di diamante planetaria. Venduta in fretta e furia alla General Electric. Ironie subliminali. Il 27 febbraio 2021 a Ivrea -sede storica degli stabilimenti Olivetti- la pandemia ha cancellato il famoso carnevale “Battaglia delle arance”. Esattamente come 61 anni prima. I festeggiamenti, quel 27 febbraio 1960, furono annullati per lutto. In onore al già sindaco, deputato e popolare imprenditore Adriano Olivetti. Durante il funerale, mercoledì 2 marzo 1960, la sua villa fu messa a soqquadro. Fra i tanti preziosi intoccati. Carte sparse ovunque. Cassetti aperti. La sparizione di documenti chiave. Mai più ritrovati. A infittire misteri.

 

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