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01.11.2022 - 09:150

Louis Favre, il trionfo e la sconfitta: storia (e morte) del pioniere del San Gottardo

Quando il 29 febbraio 1880 cadde l’ultimo diaframma di quella che all’epoca era la galleria ferroviaria più lunga al mondo, il celebre architetto era già morto da qualche mese e la sua azienda fallita da tempo

 

di Brenno Martignoni Polti

 

Sabato 19 luglio 1879. Louis Favre. Stroncato. Improvvisamente. A cinquantatré anni. Sul cantiere. Da titolare dell’impresa. Appaltatrice  dell’opera ciclopica. Il traforo ferroviario del San Gottardo. “Tenete la mia lampada”. Le sue ultime parole. Prima di accasciarsi. Stando alle testimonianze. Mancavano sette mesi appena. Alla caduta dell’ultimo diaframma. Louis Favre. Ginevrino. Era nato il 28 gennaio 1826. Figlio di maestro carpentiere. Nel 1845 lascia il laboratorio paterno. Fa il garzone a Neuilly-sur-Marne. Nella regione dell’Île-de-France. Dove, un secolo e mezzo più tardi, a Marne la Vallé, il 12 aprile 1992, si inaugurerà Disneyland Parigi. Di promettente talento, Favre, nella sua istruzione itinerante, frequenta architettura e si forma, quale autodidatta, come ingegnere. Tra il 1846 e il 1851 si occupa di diversi progetti. Ferroviari. In collaborazione con il fisico connazionale Jean-Daniel Colladon. Già attivo nei laboratori di  André Marie Ampère e Joseph Fourier. Nel 1872, Favre vuole Colladon al suo fianco, al Gottardo, quale capace consulente, per lo studio e l’impiego dei gas e dell'aria compressa. Louis Favre si era aggiudicato l’edificazione del secolo. Con contratto 7 agosto 1872, l’impegno alla consegna entro otto anni. Uno in meno dei concorrenti. Per 56 milioni di franchi. Di 12.5 milioni inferiore rispetto alle migliori offerte. Nelle pattuite clausole. Un premio, per ogni giorno guadagnato sulla tabella di marcia. Una penale, ogni ventiquattro ore supplementari. Il repentino decesso, in fase d’opera, ha alimentato, nel tempo, le congetture più disparate. Anche se, per l’ufficialità, fu solo infarto. Da subito, la colossale impresa incontrò difficoltà e imprevisti. Le consistenze geologiche a frenare gli scavi. Innumerevoli e continui contenziosi. Sfociati, finanche in tribunale, avverso banche e finanziatori. In un contesto di scioperi e scontri con gli operai. Rivolte dai drammatici epiloghi. Con morti e feriti. Sotto pressione, professionale e personale, nel tenere fede ai rigori contrattuali. In condizioni di lavoro pessime. Anche per i parametri dell'epoca. Almeno 177, a perdere la vita sul gigantesco cantiere. Oltre quattrocento incidenti. Allagamenti e ripetuti cedimenti. Pessima igiene.  Malattie sconosciute. “Anemia del Gottardo”. Dentro e fuori i cunicoli. Tutti pesanti macigni a minare la tempra dell’arguto ingegnere. Un logorio senza tregua. Acuito da calcoli su calcoli.  Sull’esattezza e precisione del punto di incontro dei due fronti. Sud. Nord. Finanche, il dubbio di mancare il decisivo contatto. Invece. Il 29 febbraio 1880. Congiungimento perfetto. Con un mese di anticipo. Lì, la posa. Del ritratto del costruttore. Prematuramente scomparso. Sul lavoro. In sincero omaggio. All’audace Louis Favre. Una dedica spontanea. “A chi sarebbe stato più degno di passare per primo. È stato il nostro maestro, amico e padre. Viva il Gottardo!”. Dopo eroiche fatiche. Dal primo gennaio 1882. Missione compiuta. Postuma. Quindici chilometri di strada ferrata. In doppia traccia. Nella nostra via delle genti. Di fama mondiale.

 

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