Cronaca
11.05.2017 - 13:320
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40
Regazzi e la mafia negli appalti. "Dobbiamo poter intervenire appena un dirigente viene implicato in processi giudiziari, non essere costretti a attendere la condanna"
Il Consigliere Nazionale PPD torna a farsi sentire sul tema a Berna con una seconda interpellanza. "La situazione sta avendo sviluppi preoccupanti, penso per esempio alla Cossi Condotte"
BERNA – È allarme mafia anche in Svizzera? Fabio Regazzi torna alla carica in merito alle infiltrazioni della malavita negli appalti pubblici, con una seconda interpellanza al Consiglio Federale. Ne aveva già inoltrata una, ma la risposta non gli è apparsa soddisfacente, tanto più che a suo avviso il fenomeno è in crescita. Una cancrena, lo definisce.
Intervistato da La Regione, spiega che per diverse aziende le commesse, pure pubbliche, sono un’occasione per riciclare, spiega Regazzi, le quali “operano molte volte con tariffe fuori mercato grazie al risparmio sulla manodopera, sul materiale – scadente, a minor costo, che viene rifatturato anche dieci volte tanto – con giri di subappalto che nessuno o quasi controlla”, danneggiando così seriamente ditte oneste, che non possono competere a livello di prezzi.
Per il Consigliere Nazionale PPD, “non dobbiamo aspettare che i responsabili di ditte vengano condannati – per corruzione, infiltrazione mafiosa o altri reati – per escludere le loro ditte dalla gara d’appalto, o per revocare l’aggiudicazione. Bisogna agire prima: il committente deve poter compiere questi passi a partire dal momento in cui i responsabili di un’azienda sono oggetto di un procedimento penale”. Infatti, problemi con la giustizia avuti all’estero da titolari di aziende non ha impedito loro di vincere appalti. Per Regazzi, bisogna agire preventivamente, senza attendere la condanna, ma intervenendo quando scatta il procedimento penale.
Vorrebbe che “gli organi dirigenti delle aziende che partecipano a concorsi pubblici producano un certificato nel quale dichiarano di non avere alcuna condanna né procedimento penale pendente a loro carico”, una sorta di certificato anti mafia.
Sebbene il problema sia di carattere generale, ad attirare in particolare la sua attenzione sono stati alcuni appalti vinti dalla Cossi Condotte: alcuni dirigenti sono sotto inchiesta in Italia per diversi reati, tra cui implicazioni di natura mafiosa. “Senza che molti se ne siano accorti, il gruppo italiano – direttamente oppure tramite la sua partecipata in Svizzera Lgv Sa – ha già vinto grossi appalti, pubblici e privati. ha partecipato a un’altra gara d’appalto molto importante: in gioco vi è una commessa da circa 100 milioni per opere da capomastro e pavimentazioni sull’autostrada A2 tra Airolo e Quinto. Il pericolo che la Cossi Condotte si aggiudicasse l’appalto era reale. Ma fortunatamente l’Ufficio federale delle strade (Ustra) in questo frangente ha dato prova di responsabilità e i lavori sono stati deliberati a un consorzio di ditte ticinesi e svizzere, entrato con un’offerta di diversi milioni superiore a quella della Cossi Condotte. Una cosa inusuale, poiché di solito è il prezzo il fattore decisivo”.