BELLINZONA - Servirebbe una task force a livello cantonale per aiutare i dipendenti del Credt Siuisse in caso di perdita del lavoro, dopo l'acquisizione da parte dell'UBS. Lo chiede il sindacato OCST, pronto a mettersi a disposizione per farne parte.
La preoccupazione principale viene dal fatto che la maggior parte dei dipendenti della banca finita in crisi, circa 10mila in tutta la Svizzera e 500 in Ticino, ha una formazione molto specifica che li rende difficilmente ricollocabili in altri settori.
"Innanzitutto la nostra preoccupazione è indirizzata alla sorte di queste persone che si troveranno senza un impiego e spesso con una formazione molto specifica e destinata ad essere spesa in un istituto bancario. Analizzando la situazione anche sotto questo aspetto i numeri non sono incoraggianti: secondo i dati forniti dall’Ustat le grandi banche negli ultimi 10 anni hanno quasi dimezzato il numero di impiegati sia in Svizzera che in Ticino e chi ha perso il lavoro non è stato assunto nelle banche più piccole che, anche se in misura inferiore, complessivamente hanno visto ridimensionato il personale. In che misura il mercato del lavoro nel settore finanziario sarà in grado di assorbire chi perderà il proprio impiego? E con quali livelli salariali?", si chiede OCST, che rende attenti a non "dimenticarepoi l’indotto: tutte quelle aziende che offrivano servizi di supporto, per esempio nel settore informatico, ma anche nella manutenzione degli stabili o nella ristorazione, ad un’azienda di grandi dimensioni che scomparirà: un colpo in questo momento difficile da quantificare".
Cosa fare, dunque? "Realisticamente, è importantissimo agire in modo tempestivo, oltre che con un piano sociale che tenga conto della straordinarietà della situazione, con un preciso piano di riqualifica e formazione che consenta alle persone coinvolte di rientrare nel mercato del lavoro con competenze spendibili in altri settori. Per giungere a questo obiettivo è importante che nel nostro cantone si attivino tutti quegli enti e quelle persone che possono offrire un contributo. Per questo chiediamo che si attivi una task force per partecipare alla quale mettiamo volentieri a disposizione le competenze del sindacato OCST".
Mentre "a livello nazionale chiediamo invece che si attivi una discussione come società su quanto accaduto. È assolutamente inaccettabile infatti che la collettività, le lavoratrici e i lavoratori si trovino a dover pagare in modo molto doloroso per quanto compiuto, peraltro all’estero, da manager poco prudenti. Facile chiedere a gran voce libertà economica assoluta quando poi è qualcun altro ad assumersi le conseguenze finanziarie, umane e sociali dei propri gesti sconsiderati".