BERNA – “Tutti in questa fase sono allineati. Quella sull’accordo quadro sarebbe una decisione storica”. Ignazio Cassis, ospite a Lugano all’assemblea nazionale della Società svizzera degli impiegati di commercio, ha parlato di accordo quadro e equivalenza borsistica. Stupendo i presenti!
La seconda, anche se non riconosciuta dall’UE, non metterebbe in ginocchio la piazza finanziaria svizzera, per cui c’è già un piano B (che peraltro potrebbe non piacere ad alcuni stati UE) e nemmeno sarebbe vitale per l’accordo quadro, sebbene complicherebbe le trattative. “La Commissione europea ha prolungato il riconoscimento dell’equivalenza borsistica fino alla fine di giugno di quest’anno e martedì dovrà decidere se prolungare ulteriormente o meno. Se dovesse farlo sarà sicuramente un gesto importante che interpreteremo in modo positivo. Se non dovesse farlo non smetteremo di voler negoziare l’accordo quadro, ma questo aspetto potrebbe creare ulteriori difficoltà nella discussione”, ha detto Cassis.
Per quanto concerne quest’ultimo, non c’è un termine. Come noto, i punti caldi sono tre: “Abbiamo avviato un processo di chiarimento con Bruxelles. Due punti sono molto maturi sul piano interno e si potrà cominciare a discuterne presto con la controparte: si tratta degli aiuti di Stato e della direttiva sulla cittadinanza, per la quale abbiamo chiesto che nessuna disposizione dell’accordo potrà essere interpretata come un obbligo da parte svizzera di riprenderla. Quanto alla tutela dei salari, a causa dell’impasse dell’estate scorsa ora siamo in ritardo nella discussione interna”, ha proseguito.
Ma poi ha lanciato delle bombe che non lasciano indifferenti: “Se l’accordo quadro non riuscisse a giungere al termine del suo percorso, che venga fermato dal Parlamento o da una votazione popolare, non sarà una questione drammatica. La Svizzera non cesserà di esistere”. E se saltasse tutto? “Bisognerà riprendere tutta la discussione da capo. Non necessariamente potremmo riprendere gli aspetti favorevoli dell’accordo, così come non è detto che il nuovo accordo possa essere migliore. Prima o poi abbiamo sempre dovuto definire giuridicamente i nostri accordi con i Paesi confinanti o con l’Unione europea”. Senza drammi, però.