Don Feliciani: "Non convince il pacifismo proclamato da Matteo Salvini, che da un lato sostiene il diritto di sparare ai ladri che entrano nelle case, ma dall’altro vuole impedire agli ucraini di difendersi da chi ha invaso la loro"
di Don Gianfranco Feliciani
Siccome la “martoriata Ucraina” – così come viene costantemente definita da papa Francesco – non potrà più contare sull’invio di armi da parte degli Stati Uniti, l’Unione europea ha deciso di riarmarsi per fronteggiare l’invasione russa. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato: “È l’era del riarmo”, un’affermazione che si tradurrà in una spesa prevista di 800 miliardi di euro.
Non tutti i leader politici condividono questa visione e il dibattito si è rapidamente polarizzato tra chi si professa pacifista e chi è favorevole a una risposta armata. Ma, come sappiamo, torto e ragione non si distribuiscono con la stessa chiarezza dei contrasti tra il bianco e il nero. Tutti desideriamo la pace, ma ciò che conta davvero è che sia una pace autentica e giusta, non una pace apparente, mascherata da intenzioni poco pacifiche.
Un esempio emblematico: non convince il pacifismo proclamato da Matteo Salvini, che da un lato sostiene il diritto di sparare ai ladri che entrano nelle case, ma dall’altro vuole impedire agli ucraini di difendersi da chi ha invaso la loro.
Come orientarci, dunque? Un aiuto illuminante arriva dal Concilio Vaticano II, che nel documento Gaudium et Spes affronta il tema con lucidità e profondità. Si legge al n. 79: “La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fino a quando esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa”.
Il Concilio però non si ferma qui. Al n. 80 aggiunge: “Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l’orrore e l’atrocità della guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto, di gran lunga, i limiti di una legittima difesa... Tutte queste cose ci obbligano a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova”.
Parole chiare e attuali. Se l’umanità non compie un salto di qualità sul piano spirituale e morale, rischia di autodistruggersi. Il futuro del mondo dipende dalla nostra capacità di cambiare rotta. Mai come oggi risuona con forza e ragionevolezza la parola di Gesù: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Matteo 5,9).
Non sono i guerrafondai a essere chiamati beati, quelli che si illudono di risolvere i problemi esclusivamente con la forza. Ma nemmeno quei pacifisti che parlano di pace senza mai impegnarsi davvero per costruirla. Servono uomini e donne coraggiosi: perché fare la pace richiede più coraggio che fare la guerra. E il primo gesto di coraggio, come ci invita papa Francesco, è quello di “disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra”.