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Cronaca
15.10.2017 - 11:000
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

La verità dell'agente Argo 1. "A Peccia ero solo, non si potevano chiamare ambulanza o Polizia. I controlli erano preannunciati, e i pasti arrivavano in condizioni pietose"

Mario Morini racconta altri dettagli al Mattino. "Nessuno ha mai controllato le ore e i nomi delle persone, le fatture si basavano su un'autocertificazione. Beltraminelli? L'ho visto in tv, palesemente in difficoltà nel fornire delle giustificazioni che parevano arrampicate sui vetri"

BELLIZONA – “Guardando la situazione dall’esterno e in maniera disinteressata, direi che non si è fatta una grande bella figura. La credibilità delle istituzioni ne esce danneggiata e la cittadinanza non sarà soddisfatta. Consentitemi una semplice battuta: pensavo di trovarmi in Ticino, in Svizzera e invece mi sembra di essere in Italia, poche le differenze con quanto accade oltre confine”. A parlare, al Mattino, è Mario Morini, il dipendente (ex) di Argo 1 che accettò di farsi intervistare a volto scoperto da Falò.

Non conosceva Beltraminelli, l’ha visto solo in trasmissione: “In quell’occasione mi ha fatto una cattiva impressione, sempre palesemente in difficoltà nel fornire le sue giustificazioni e più volte delle vere “arrampicate sui vetri”. Dopo quanto evidenziato nel servizio, nella sua posizione mi è sembrato quantomeno superficiale e perfino banale chiedere semplicemente scusa”.

Argo 1 aveva la capacità di fare un lavoro come quello per cui era incaricata? L’autorizzazione del DI  c’era ma, fa notare Morini, “va aggiunta la verifica d’idoneità per la situazione d’impiego richiesto. Nel caso specifico, la capacità di assumere un carico lavorativo di quasi 1'500 ore mensili (inizialmente) con due soli collaboratori avrebbe dovuto generare sospetto e imponeva un approfondimento”.

Lui lavorava solitamente di notte a Peccia, e sebbene figurassero due persone presenti (oltre a lui, Sansonetti, definito “il capitano”), era solo: “immaginatevi cosa sarebbe potuto succedere con una sola persona, contro le due necessarie, in caso di emergenza in un luogo discosto come Peccia. Non sono mai stato confrontato con potenziali rischi per la mia incolumità, ma forse sono stato soltanto fortunato. A ripensarci, è stata una follia. A Camorino, invece, se chiami la Polizia, ti raggiunge immediatamente”. Oltre alle fatturazioni sbagliate, il pericolo. Racconta di aver dovuto portare persone che stavano male all’ospedale con un furgone della ditta, perché non c’erano i soldi per chiamare l’ambulanza. Inoltre, era vietato far venire sia essa sia la Polizia: evidentemente, c’era qualcosa da nascondere, oltre al fatto che vi era una sola persona sul posto.

E nessuno, spiega Morini, ha mai controllato nome e  numero di persone realmente presenti, ma tutto si basava su autocertificazione. Si domanda come mai non ci sia stata una maggiore attenzione, visto che i soldi spesi erano dei contribuenti.

I famosi controlli? A lui non è mai capitato di assistervi, lavorando di notte, però “solitamente era la collaboratrice del DSS ad occuparsi dei sopralluoghi. Una cosa la posso però confermare: i controlli erano preannunciati con largo anticipo, fino a tre giorni prima. Un mio collega me li ha descritti come una tranquilla passeggiata, senza entrare troppo nel merito”.

Infine, la questione pasti, che arrivavano da Chiasso e da Locarno. A parte il fatto di poter favorire qualcuno vicino, Morini spiega che le trasferte danneggiavano il cibo stesso, quando non arrivava freddo e con ore di ritardo. “I pasti al loro arrivo presentavano in malo modo perché il contenuto del singolo vassoio si mescolava per effetto delle lunghe trasferte. Quando aprivi il vassoio, a volte la visione era inguardabile, a tal punto che i ragazzi si rifiutavano di mangiare questo miscuglio (primo, secondo e verdure tutto mescolato)”.
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