CRONACA
"La Svizzera è stata sfruttata per umiliare un'altra nazione". La delusione dei serbi, "esistono stranieri di prima e di seconda classe? L'ASF, Parmelin e Cassis…"
Dura nota della comunità serba in Ticino contro la "politicizzazione della partita del Mondiale. È normale che per il comportamenti di individui nella squadra svizzera un cittadino svizzero con passato migratorio non può permettersi di tifare rossocrociato? È come adottare due figli e preferirne uno"
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24 GIUGNO 2018
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22 GIUGNO 2018
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22 GIUGNO 2018
LUGANO – Non c’è nulla di più sbagliato che politicizzare lo sport, anche se spesso è inevitabile. E si poteva immaginare che Svizzera-Serbia sarebbe stata una partita che sarebbe andata oltre i confini del calcio, purtroppo è stato così. Non doveva esserlo.

La comunità serba in Ticino ha espresso la sua delusione, per il comportamento di calciatori che dovrebbero rappresentare anche loro, svizzeri di origine serba, che a loro dire discrimina i loro discendenti che ormai si sentono svizzeri, anche contro i politici che hanno difeso l’aquila dei giocatori.

Ecco le loro parole, firmate da Vladimir Miletic.

“La Comunità serba in Ticino è delusa dalla politicizzazione della partita tra Serbia e Svizzera ai mondiali in Russia. Ovvia provocazione diretta contro il popolo serbo, e quindi contro i membri della Comunità serba in Svizzera da parte di due giocatori della nazionale, dopo i gol segnati nella partita giocata contro la Serbia il venerdì scorso.

Siamo rimasti sorpresi dalla reazione del consiglieri federali Guy Parmelin (UDC) e Ignazio Cassis (PLR) sulla "NZZ am Sonntag" che giustificano e difendono il comportamento dei due giocatori della nazionale Svizzera. Consiglieri federali si mettono in difesa dei giocatori che inviano provocazioni nazionaliste con uno chiaro scopo pur sapendo che la Svizzera è la patria di quasi 200'000 membri della comunità serba che si sentono colpiti da queste provocazioni visto che sono rivolte direttamente contro di loro e contro il loro paese d'origine.

È normale che a causa del comportamento degli individui nella squadra svizzera, un cittadino svizzero, che sia di prima, seconda o terza generazione di stranieri con il passato migratorio non può permettersi di tifare per la nazionale di calcio Svizzera, anche se condividono lo stesso amore per la squadra svizzera come per la squadra che rappresenta loro paese d'origine? Sicuramente no.

Teniamo presente che c'è un'enorme percentuale di membri delle altre comunità come anche quella serba che vivono in svizzera da 40-50 anni e dietro di loro hanno dei figli e nipoti ormai adolescenti, nati e cresciuti qui e che nel cuore si sentono piùù svizzeri di molti altri, in questo momento si sentono abbandonati dalla Svizzera e indignati dopo un evento sportivo decorato con un gesto che non ha niente a che vedere con la Svizzera.

La Svizzera come ambiente multiculturale, a tutti gli effetti, non può permettersi una tale comportamento dei giocatori che rappresentano il paese in una grande competizione internazionali e indossano maglie svizzere. La Svizzera, in questo caso particolare è stata usata, sfruttata per umiliare un'altra nazione. L’ASF non deve mettersi a tacere e difendere questa provocazione politica, che alcuni rappresentanti attribuiscono semplicemente all'emozione o gioventù dei giocatori.

Alla fine non si può difendere un comportamento sbagliato dei membri di una comunità, abbandonando tutti i membri di tutte le altre comunità come purtroppo vediamo che è stato fatto. Questi comportamenti e provocazioni politiche orchestrate sollevano tensioni, come purtroppo si è visto dopo la partita a Zurigo, Basilea e Lucerna e questo non deve capitare.

La comunità serba si domanda se ci sono stranieri di prima e di seconda classe in Svizzera? I politici svizzeri preferiscono una comunità di stranieri in particolare?

Immaginiamoci una famiglia che ha adottato due figli e i genitori che preferiscono il primo figlio. Immaginate tutti come si sente altro bambino”.

Parole dure che ancora una volta vanno ben oltre il calcio, a esprimere una delusione che forse covava già da tempo sotto le ceneri. Esplosa per quella che doveva essere una festa, l’unione di gente appassionata dello stesso sport, tutta insieme per sentirsi fiera della propria squadra e un po’ più vicina. Quello dovrebbe essere il senso del Mondiale, e guardando I giocatori di Panama festeggiare il gol della bandiera dopo averne incassati sei come se avessero vinto il titolo, resta l’amarezza di vedere che quello è il calcio, non le aquile, le polemiche, i politici, le note delle comunità. Una sconfitta per tutti.

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