LUGANO – “Una decina di giorni fa ho detto che con il cuore ero già lontano e forse non ho detto il vero. Il mio cuore è qui, sono affezionato a questa terra. Avrei dovuto dire che la nostra sopravvivenza, il nostro sviluppo e la nostra crescita qui purtroppo stavano diventando impossibili. Avrei dovuto dire che per ragioni misteriose ed insondabili c’era chi proprio non vedeva l’ora che ce ne andassimo”. Termina così una lunga lettera che Daniele Finzi Pasca ha inviato al Corriere del Ticino.
Una missiva in cui parla della sua compagnia, del suo ruolo internazionale, dell’affetto che prova per il Ticino e il Ticino per lui, ma soprattutto delle difficoltà. Di quello che si aspettava di trovare al LAC e di ciò che ha effettivamente trovato. Prima di tutto, specifica che “i soldi che riceviamo grazie alla Convenzione di sostegno congiunto sono interamente usati per creare posti di lavoro e dare una base logistica alle nostre attività a Lugano. Con questi soldi abbiamo formato e impiegato manodopera ticinese, aperto stage di formazione retribuiti, creato un indotto importante e portando decine di professionisti in Ticino, abbiamo avviato una rete di collaborazioni concrete con gli artigiani di casa nostra e creato diverse occasioni di incontro con la popolazione”. Per gli spettacoli, il budget è arrivato da sponsorizzazioni.
La Compagnia è residente al LAC. Ma cosa significa? Per Finzi Pasca, “essere residenti vuole dire abitare un luogo. Chiunque andando a vivere in una casa condividendone la residenza con altri immaginerà di poter avere a disposizione una stanza da letto, poter usare il bagno e il frigorifero in cucina. Noi è come se fossimo degli ospiti in casa nostra e dovessimo ogni volta chiedere il permesso per tornare la sera a dormire o per fare una doccia. È come se fossimo i soli a non aver diritto ad un armadio anche se piccolino e alle chiavi di casa. Noi non ci lamentiamo della mancanza o della penuria, vorremmo semplicemente essere trattati con dignità. Siamo residenti al LAC e questo vuole dire qualcosa di semplice: noi come altre entità dovremmo essere invitati al tavolo dove si decidono le sorti di questo spazio, se ne pianificano gli sviluppi, se ne migliorano le condizioni per il bene di ognuno e di tutti”.
E questo non avviene, a suo avviso. “Lavorare insieme non è mai stato quello che la direzione del LAC ha voluto. Per questa ragione ci è stata sempre preclusa una reale presenza fisica all’interno del LAC. Sulla carta siamo residenti e per di più dovremmo collaborare con LuganoIn Scena (LIS), ma di fatto nessuno si è veramente occupato di capire cosa stessimo facendo o pianificando e quali fossero realmente le possibilità di sviluppo (in 5 anni nessuno del LAC è mai venuto nei nostri uffici che credo nemmeno sappiano dove si trovano)”. Una Compagnia lasciata a sé stessa, non coinvolta, fa intuire.
Aveva citato Gagnon e Rifici. Spiega meglio cosa intendeva. “Michel Gagnon e Carmelo Rifici ci hanno sempre risposto che la nostra situazione era ambigua e ciò dipendeva dalle scelte dei politici. Così noi con il mondo politico ci siamo seduti, scoprendo che invece tutti ci pensavano serenamente seduti con i vertici del LAC ad un tavolo a discutere del futuro del centro culturale e della compagnia. Quando poi abbiamo capito che la posizione di Gagnon e Rifici non lasciava spazio a malintesi perché chiaramente avevano posto un aut aut espresso con termini velati ma anche precisi: “o loro o noi” siamo rimasti di sasso”.
La Compagnia Finzi Pasca è stufa, “non abbiamo più voglia di discutere nei termini che ci stanno imponendo”.