EMMEN – Cinque giorni di prigione, almeno per cominciare, poi non sono esclusi altri provvedimenti. L’esercito sta indagando sul caso di un soldato ticinese fatto oggetto di una sassaiola e di un lancio di noci (oltre che obbligato a rimanere in mutande in camera davanti a tutti). La vicenda come noto risale all’estate ma l’ha resa pubblica pochi giorni fa il padre del giovane alla RSI.
La questione ha riportato in auge i discorsi legati a violenze nell’esercito e in particolare a discriminazioni subite dai ticinesi. Tio.ch qualche giorno fa ha riportato una serie di episodi: dal ragazzo di Vacallo legato a un armadio e colpito con un laser negli occhi, sino alla recluta costretta a correre seminuda a Coira, di cui tanto si è parlato. E poi riti di iniziazione al momento della promozione, come scariche di pugni nella pancia, o punizioni tipo correre a fianco del superiore in bicicletta, se trovati a fumare.
Alla RSI un’altra recluta ha riesumato un episodio di addirittura dieci anni fa, con vittima un altro ticinese, segno che comunque qualsiasi cosa succede (e il clima omertoso) non sono una novità. Siamo ancora a Emmen, stessi luoghi dove è avvenuto l’ultimo caso. Il protagonista desiderava disubbidire agli ordini per essere mandato a casa, assieme a due commilitoni. Se lui capì che non sarebbe servito, il suo vicino di branda venne mandato via.
La sera prima della sua partenza, gran parte dei soldati della camerata si alzarono, lo legarono braccia e gambe sul letto e lo colpirono ripetutamente, lasciandoli segni evidenti e traumatizzandolo. Se ne andò piangendo, racconta il testimone, il quale ha fatto notare come gli ufficiali avessero detto, prima, che non avrebbero esercitato l’ordine di dormire e di non colpire alla faccia: in pratica, una punizione “ordinata”, confessata solo ora.