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Cronaca
29.01.2019 - 12:130
Aggiornamento: 01.02.2019 - 17:17

"Se mi lasci mi uccido". Ricattate e costrette a rapporti sessuali. Una perfino in un locale di scambisti

Durante il processo a carico dell'ex funzionario del DSS accusato di violenza sessuale e coazione stanno emergendo dettagli sul carattere e il modo usato per plagiare le vittime. Una sospettava anche una gravidanza dopo un abuso

BELLINZONA – “Naturalmente ci si guarda bene dal dire che il funzionario in questione è socialista, partito per il quale ha ricoperto anche cariche politiche, e che collaborava pure con il defunto quindicinale sedicente satirico Il Diavolo” scrive Lorenzo Quadri. “Se il funzionario in questione fosse stato un leghista…”.

Al di là dell’appartenenza politica, il processo all’ex funzionario DSS accusato di ripetuta coazione sessuale e di ripetuta violenza carnale, sta facendo emergere un quadro terribile. Minacce, costrizioni, ricatti, per anni.

Una delle vittime, per esempio, era già stata abusata in precedenza ed era dunque particolarmente fragile, è emerso ieri dalle testimonianze. L’uomo la palpeggiò, nonostante il suo pianto, in un cinema. 

Da manuale di manipolazione la relazione con la prima vittima, a cui durante un invito a cena l’uomo riversò tutta la sua tristezza e la sua fragilità. La ragazza si sentì responsabile di lui, fino a subire rapporti sessuali imposti, nonostante fosse omosessuale, perfino con altre persone in locali di scambisti all’estero. L’ex funzionario tenne viva la relazione coi ricatti: “se mi lasci mi suicido”, “se non mi fai favori sessuali esco di strada”. Quando lei decise di lasciarlo, simulò un tentato suicidio tagliandosi i polsi e minacciandola di toglierseli se non gli avesse concesso un rapporto orale.

L’imputato è stato definito “un manipolatore emotivo che sfrutta le sue vittime facendosi credere a sua volta debole e in difficoltà”. Con un’altra giovane, non funzionavano i ricatti affettivi e passò dunque alla violenza, prendendola per il collo e sollevandola. 

Per lui vengono chiesti quattro anni di carcere. Si professa innocente e sostiene che le accuse siano frutto di allucinazioni da parte delle vittime. Ragazze che già ai tempi lo segnalarono ai superiori, affermando che un ruolo a contatto con giovani non fosse ideale per lui. Ma nessuno, a quanto pare, le ascoltò, e ora non cercano vendetta, è stato detto, bensì di fare qualcosa per impedire che fatti simili avvengano in futuro. Due delle tre vittime le aveva conosciute proprio grazie alla piattaforma aperta ai giovani per cui lavorava, mentre la terza era stagista al DSS.

Una di loro sospettava anche una gravidanza causata da un abuso dell’uomo.

In tutti quegli anni, ha fatto sentire le ragazze quasi costrette a restare con lui, mostrandosi debole e parlando dei suoi pochi stimoli ad andare avanti, opprimendole con la sua sofferenza e il suo dolore, facendo sì che non avessero il coraggio di allontanarsi. 

"Il diritto alla sofferenza non dà diritto a crearne altra, verso altre persone. L’imputato non ha rispettato questa regola, e per questa ragione deve essere condannato”, ha sottolineato stamattina Borradori, avvocato delle vittime. Spiegando come una di esse fu messa dai responsabili lavorativi dell’uomo a confronto con lui, dopo aver detto cosa stava accadendo. Misura ovviamente inutile. “È una storia di reticenze”, aggiunge.

Poi toccherà alla difesa. Una delle vittime è riuscita a parlare, con emozione e commozione, ma con enorme lucidità, dopo 14 anni di terapia. Una storia da brividi.

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