AROSIO - Storie di accoglienza, di famiglie che si chiedono che cosa accadrebbe se la guerra arrivasse anche da noi e non si avesse più un posto dove andare. Il 90% dei profughi ucraini giunti in Ticino è ospite presso case private, lo ha detto anche De Rosa (leggi qui): un'ondata di solidarietà davvero importante.
Una storia di accoglienza: "Ora vedo un bambino sereno che saltella col suo zainetto"
Avevamo già raccontato la storia di una famiglia, con tre bimbi, che ha deciso di aprire le sue porte a una mamma e un bambino (leggi qui). Ora ci chiniamo su quella di Dominque e Thomas, che ospitano a Arosio una madre e i suoi tre figli, dopo le polemiche sulla questione del canone di affitto (leggi qui e leggi qui).
"Lo guardo andare a scuola saltellando con il suo zainetto e lo ammiro tantissimo", dice Dominque del piccolo Yuri. "Catapultato in una realtà così diversa da quella Ucraina, parte alle 8 al mattino e torna alle 16.45, passa tutto questo tempo a scuola in mezzo a persone che parlano una lingua di cui lui capisce ancora molto poco. Ma ogni giorno fa un piccolo passettino avanti. E poi... è tornato ad essere un bambino sereno e ad aprire quello sguardo che quando è arrivato, era sempre rivolto a terra".
Passi avanti verso una vita normale che in fondo davvero normale non può essere. "C hanno raccontato di aver deciso di partire quando un razzo è arrivato vicino a casa", prosegue. "La mamma è divorziata ed ha tre figli, non se la sentiva di stare ad aspettare che la situazione precipitasse, visto quanto già stava succedendo in altre località dell’Ucraina. Hanno fatto un viaggio lunghissimo in treno e sono arrivati qui. Si tengono informati su quel che succede in Ucraina tramite telefonate con la famiglia. Non guardano mai la tv. Credo che in tal modo la mamma cerchi di preservare i ragazzi. Non ne parla nemmeno volentieri e quindi noi evitiamo di parlarne".
Gli aiuti del Cantone, i costi della salute e quelli del riscaldamento
Dominique ci ha raccontato qualche retroscena della convivenza, seppur in appartamento separati, con la famiglia ucraina, tra qualche incomprensione legata alle abitudini. E ci ha detto la sua sul tema caldo, quello degli aiuti.
Come mai avete deciso di aprire le vostre porte a una famiglia ucraina?
"La scelta è maturata vedendo in tv tutte le persone che scappavano. Abbiamo iniziato a pensare cosa avremmo fatto noi in una situazione simile. Sinceramente non sapremmo nemmeno dove andare! Sia io che mio marito abbiamo pensato che avendo un appartamento vuoto a pian terreno (che volevamo mettere a Airbnb avendo appena acquistato questa casa bifamiliare) potevamo fare anche noi la nostra parte".
Cosa pensa riguardo alla scelta del Governo di corrispondere un canone di affitto a chi mette a disposizione un appartamento?
"Per quanto riguarda il pagamento di in canone di locazione da parte del Cantone, le dirò: a me interessa poco. Non è certo per i soldi che ho messo a disposizione l’appartamento. È chiaro che se ci sarà un rimborso almeno delle spese vive (elettricità, acqua, sacchi spazzatura) saremo contenti, ma non ne faccio un conto e non lo pretendo. Non abbiamo mai fatto affidamento su eventuali aiuti. Abbiamo sempre pensato che se si fa una cosa così, non si deve speculare sul fatto che il Cantone paghi o meno qualcosa. Non sono d’accordo sul pagamento di un canone vero e proprio. Ad oggi loro quattro sono stati sostentati dalla sottoscritta, cibo, vestiti, scarpe ecc.. pure. Possiamo andare a prendere le cose a Bioggio al capannone dove l’associazione Garage 18 ha raccolto beni e l’abbiamo fatto. Ma alcune cose ho preferito prenderle nuove. Il Cantone dovrebbe però valutare bene a chi paga l’affitto. Questo affinché il “piazzare” i rifugiati non diventi un business per guadagnare sullo sfitto… Inizialmente, quando chi ospitava doveva prendersi carico anche dei costi della sanità, avevo qualche perplessità. Quelli non li avrei mai potuti prendere sostenere, visto quanto costa la sanità qui da noi. Metta che uno mi prende il Covid, visto i viaggi che devono fare e dove vengono ammassati nei campi profughi in Polonia. Con quel che costa un eventuale ricovero, avremmo dovuto vender casa per farvi fronte! Fortunatamente il Governo in tal senso ha raddrizzato subito il tiro".
Come procede la convivenza?
"Loro hanno un appartamento indipendente. Cerchiamo di essere “curiosi” gli uni verso gli altri, loro vogliono integrarsi il più presto possibile, noi vogliamo capire la loro vita e la loro quotidianità in Ucraina per poterli aiutare al meglio. Il benessere dei bambini al momento è al centro di tutto, l’introduzione a scuola e all’asilo è la priorità per noi e per la mamma. Lei è un po' depressa per quanto sta passando e per il periodo di inattività. Vorrebbe imparare l’italiano ma al momento il nostro comune non ha ancora organizzato nulla e lei è in difficoltà ad andare a Lugano a causa degli orari dei corsi che non collimano molto con quelli dei mezzi pubblici ma anche della scuola dei ragazzi e dell’asilo della bambina più piccola. Io da questo punto di vista non posso essere d’aiuto perchè lavoro tutto il giorno. La settimana scorsa però sono arrivate una trentina di persone, ci auguriamo che il nostro comune organizzi qualcosa".
Ci sono invece problemi?
"Abbiamo a volte qualche difficoltà di ordine pratico. Ho dovuto, per esempio, spiegare loro che il riscaldamento qui costa tanto (ho serpentine elettriche nel loro appartamento), non possono stare in pantaloncini corti e canottiera con 30 gradi in casa e il riscaldamento al massimo. Loro in Ucraina hanno il gas a costo bassissimo quindi non sono abituati a ragionare con i costi che invece abbiamo noi. Sono cose di ordinaria amministrazione, come anche la divisione della spazzatura o l'uso della lavatrice, che vanno però chiarite e che poi permettono una convivenza serena".