CRONACA
"Campione ora di fatto nella quotidianità è svizzera". I sì e i no dei politici
Per tutti emerge un problema: come si dovrebbe procedere? Quadri contrario, Romano vuole che se ne parli, qualcuno apre e altri sono preoccupati per i debiti

CAMPIONE – Campione svizzera? Alcuni cittadini stanno raccogliendo delle firme per chiedere l’annessione al nostro Paese e la questione fa discutere. Il Mattino ha chiesto alcuni pareri, e da quasi tutti emerge una domanda: sarebbe possibile? Come si dovrebbe agire? Sarebbe senza dubbio un caso particolare.

Lorenzo Quadri sottolinea che in tempi migliori nessuno avrebbe mai preso in considerazione l’ipotesi: “anche solo ventilare l’annessione alla Svizzera davanti ad un grappino avrebbe suscitato uno scandalo internazionale e scatenato l’ira funesta del Belpaese: svizzerotti, ma siete usciti di cranio? Giù le zampe! Adesso invece, dopo che la politichetta locale ha fatto il disastro, c’è chi immagina che a togliere le castagne – e che castagne! – dal fuoco arriverà chi non ha alcuna responsabilità per quanto accaduto e di problemi ne ha già in abbondanza di suoi senza andare a cercarsene altri. Non è così che funziona. L’enclave era italiana quando faceva comodo. Lo rimarrà anche quando è meno comodo. “Nella buona e nella cattiva sorte”, si diceva una volta”, scrive.

Uno dei più convinti sostenitori è Marco Romano, pronto a muoversi in tal senso anche a Berna.”Bisogna avere il coraggio di guardare al futuro e pensare a tutti gli scenari possibili: questo fazzoletto di terra potrebbe essere reso svizzero, senza generare oneri particolari e cancellare il passato, ma applicando finalmente leggi e regole di gestione elvetiche! Un processo democratico dove a esprimersi sono le parti in causa: Berna e Roma comincino a parlarne”, è la sua visione. “L’attuale crisi economica e istituzionale di Campione genera un importante danno alla popolazione locale, ma anche alla Svizzera. Situazioni del genere non sono nuove. Oggi Campione è sulla carta Italia ma di fatto nella quotidianità Svizzera. Gli attuali accordi sono tuttavia molto intricati e fragili. A pagare nei momenti di difficoltà è spesso la Svizzera; in questo momento i debiti verso la Confederazione, il Ticino e i Comuni limitrofi crescono giorno dopo giorno. Da parte italiana regna passività”, sottolinea.

Non avrebbe nulla in contrario il consigliere comunale leghista di Lugano Lukas Bernasconi. “Un'adesione alla Svizzera potrebbe essere una soluzione da valutare attentamente. Personalmente, a fronte di una chiara volontà popolare, non avrei nulla da obiettare. Chiaramente però il casinò non potrebbe più riaprire, anzi sarebbe l'occasione per mettere mano a quell'ecomostro che deturpa il paesaggio del lago di Lugano”, afferma sottolineando che di fatto Campione dipende già dalla Svizzera ed è vittima ora della megalomania del suo Casinò.

“L'idea dell’annessione alla Svizzera potrebbe essere una soluzionesalvagente in ottica campionese; ma per la Realpolitik elvetica è pura fantasia. Anche se, con gli accordi presi in passato, abbiamo finanziato diversi servizi all’enclave”, sostiene Tiziano Galeazzi dell’UDC, per il quale la volontà dei campionesi è solo una provocazione all’Italia.

Contrario invece Andrea Censi, che siede in Consiglio Comunale per la Lega a Lugano. Prima di tutto, è preoccupato per i servizi non pagati, per i debiti e per i ristorni. “Invece di aprire le porte ad un’adesione, il Consigliere Federale PLR Cassis, dovrebbe chinarsi su questi problemi e attivare immediatamente delle trattative per delle nuove convenzioni con l’Italia, per evitare che il solito sfigato contribuente ticinese continui a pagare per gli errori altrui”.

“Vi sono alcuni aspetti interessanti da non sottovalutare. Uno di questi è il costo d’acquisto, se vogliamo utilizzare questo termine, del Comune, che al momento, visti i debiti contratti da svariati anni con Lugano, Cantone, Consorzi vari, sarà molto basso se non quasi pari a zero.
Un altro aspetto è quello della, così sembra, volontà dei campionesi di annettersi alla Svizzera, sempre che questa volontà non sia dettata dalla rabbia dovuta ad un certo disinteressamento di Roma alla loro situazione”, ragiona il liberale Urs Luechinger.

Nel frattempo, a quanto pare la raccolta firme ha avuto l'adesione di sole 212 persone ed è stata ritirata. Discorso chiuso? A meno che Romano (o altri) non compiano concreti atti politici. 

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