Economia
10.01.2018 - 12:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
AITI dice no, "No Billag è troppo radicale e colpirebbe in particolar modo il Ticino. Però la tv di stato è troppo sbilanciata a sinistra e ostile all'economia"
Non vede di buon occhio che "numerose aziende, pur non beneficiando del servizio, debbano pagare il canone". Votare sì farebbe scomparire numerosi emittenti, "il che nuocerebbe alla qualità del servizio democratico". Per contro, "il monopolio della SSR non è più giustificato"
BELLINZONA - Qualcosa che non va nella tv pubblica, ritenuta troppo di sinistra e contro l'economia c'è, però abolire il canone vorrebbe dire avere conseguenze disastrose in particolare per il Ticino. L'Associazione Industrie Ticinesi dice dunque no a No Billag, anche se nel suo lungo comunicato si vede forse un'indecisione, una riflessione in cui hanno pesato elementi che farebbero propendere per il sì e altri per il no. In ogni caso, si capisce che, nonostante il voto negativo, per AITI il servizio pubblico deve cambiare.
Il no "vuole essere comunque critico: numerose aziende, seppure non beneficino del servizio sovvenzionato con il pagamento del canone, sono infatti costrette ad esborsi anche notevoli di decine di migliaia di franchi l’anno. In questo senso AITI auspica la revisione dell’ordinanza sulla radiotelevisione attualmente in vigore nel senso di abolire l’obbligo di pagamento del canone per le imprese", inizia il testo.
"Ma l'iniziativa è troppo radicale e per questo va respinta. Il servizio pubblico svolge un ruolo importante sul piano democratico e contribuisce alla stabilità politica, nonché all’attrattività della Svizzera. L’inevitabile scomparsa di numerose emittenti radiofoniche e televisive, o quantomeno il loro forte ridimensionamento, nuocerebbe alla qualità del dibattito democratico", sostiene AITI, che sottolinea come dal 2019 il canone sarà comunque ridotto a 365 franchi (il famoso franco al giorno), mentre "la messa all’asta delle concessioni per la radio e la televisione così come proposto dall’iniziativa “NO Billag” non appare essere un sistema convincente per garantire un sistema liberale e pluralista dell’informazione".
Se passasse il sì, "colpirebbe in particolar modo la Svizzera italiana: senza la perequazione finanziaria interna alla SSR non sarebbe infatti più possibile produrre programmi radiotelevisivi equivalenti in tutte le lingue ufficiali. È importante ricordare che, grazie a questa perequazione finanziaria della SSR, il Cantone Ticino gode di un indotto economico sul territorio che verrebbe chiaramente meno qualora fosse abolito il canone".
Quindi, è necessario votare no. Come detto, c'è un ma. "Tuttavia appare chiaro che di fronte al mutamento della fruizione dell’offerta radiotelevisiva da parte del pubblico occorre ripensare profondamente il servizio pubblico, oggi politicamente sbilanciato a sinistra e poco sensibile, per non dire ostile nei confronti dell’economia, nonché l’ammontare del canone radio-tv pagato dai cittadini e dalle imprese. Negli anni precedenti è stato commesso l’errore vistoso di far crescere a dismisura il monopolio radiotelevisivo della SSR che oggi, di fronte alle mutate abitudini del pubblico, non si giustifica più".
Un no per non distruggere, quindi, di fatto un... nì. Ovvero, non abolire un canone che diminuirà entro un anno per non causare danni irreparabili in particolare in Ticino, però, una volta passata la tempesta No Billag, si impongono cambiamenti di fondo. Questo è il pensiero di AITI.
In foto,il presidente Fabio Regazzi