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09.11.2017 - 13:010
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

L'altra faccia della medaglia. AITI e Camera di Commercio, "del minimo salariale beneficeranno soprattutto i frontalieri. Siamo preoccupati per le piccole aziende"

"Il salario è la remunerazione della prestazione professionale del lavoratore, non è corretto che vi sia addebitato l'aumento del costo della vita, e nemmeno è concepibile considerarlo indipendente della variabili aziendali", sostengono le due organizzazioni in una lunga presa di posizione

BELLINZONA - Se le parti sindacali e politiche non sono soddisfatte per quanto concerne il salario minimo proposto dal Governo ieri, non fanno i salti di gioia neppure quelle cosiddette padronali, rappresentate da Camera di Commercio e AITI, preoccupate da diversi fattori. Prima di tutto, dall'idea che la proposta sia facilmente attacabile dal punto di vista giuridico, poi da quella che a beneficiarne saranno soprattutto lavoratori frontalieri, e sopratutto il fatto che molte piccole aziende saranno messe in difficoltà.

In calce, un concetto che senza dubbio farà discutere, perchè interroga sul senso del salario minimo, se non del salario in sé: "Il salario è la remunerazione della prestazione professionale del lavoratore e nulla di più. Non è corretto né immaginabile che l'aumento del costo della vita possa essere addebitato a un salario corrisposto dal datore di lavoro. Inoltre non è concepibile considerare il salario come una variante indipendente dai costi aziendali".

Comunque, passando alle considerazioni, "rileviamo innanzitutto che il Consiglio di Stato ha abbandonato per problemi giuridici la strada del salario minimo orario unico, per abbracciare più correttamente quella del salario minimo differenziato per settore economico e mansione, soluzione che AITI e CcTI hanno sempre indicato nel gruppo di lavoro incaricato. Ciò non di meno, dalla proposta emerge che il Consiglio di Stato propone al Gran Consiglio salari minimi secondo il settore economico, ma non prende in considerazione le mansioni professionali.  A nostro giudizio è una scelta che non corrisponde pienamente all’articolo costituzionale votato dal popolo ticinese nel 2015 e che potrebbe dunque prestare il fianco a contestazioni di natura giuridica", si apre il comunicato.

"Nel suo messaggio al Gran Consiglio il Governo cantonale conferma inoltre diversi concetti che il mondo economico ha sempre posto all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica. Innanzitutto si rileva come quasi il 94 % delle lavoratrici e dei lavoratori in Ticino percepisce già salari minimi superiori a quelli proposti dal Governo cantonale. A beneficiare del salario minimo saranno quindi 9'500 persone su oltre 156'000 salariati. E di queste 9'500 persone 6'100, quindi praticamente 2/3, sono lavoratrici e lavoratori frontalieri. In terzo luogo, il Consiglio di Stato conferma che l’introduzione del salario minimo causerà una riduzione dell’occupazione, che potrebbe oscillare fra i 1'000 e i 1'500 posti di lavoro", si prosegue.

Per AITI e Camera di Commercio, come detto ieri in conferenza stampa da Vitta, le cifre sono un compromesso fra quanto chiesto dai sindacati e quanto desiderato dalle parti padronali. "Dobbiamo rilevare che se da un lato la gran parte delle aziende offre già condizioni salariali superiori ai minimi indicati dal Consiglio di Stato, dall’altro lato sul territorio esistono anche aziende, commerci, piccole attività artigianali che hanno margini di guadagno sensibilmente inferiori e che sono sottoposte a forte competitività. Queste realtà imprenditoriali, che rispettano le leggi e pagano comunque delle imposte, a seguito dell’introduzione dei salari minimi rischiano la delocalizzazione o addirittura la chiusura", si preoccupano i due enti.

"Si deve infine ricordare che il salario è la remunerazione della prestazione professionale del lavoratore e nulla di più. Non è corretto né immaginabile che l’aumento del costo della vita, ad esempio causato dall’aumento dei premi dell’assicurazione malattia, possa essere addebitato al salario corrisposto dal datore di lavoro. Inoltre non è concepibile considerare il salario come una variabile indipendente da tutti gli altri costi aziendali. Le aziende e i datori di lavoro devono considerare tutti i costi nel loro insieme perché questo determina infine la loro competitività, la capacità di fare utili per investire e garantire i posti di lavoro", arriva la parte discussa.

¨"AITI e Cc-TI non nascondono le preoccupazioni per le possibili conseguenze che la proposta governativa avrà sul tessuto economico cantonale già notevolmente sotto pressione a causa di molti fattori esogeni come il cambio franco/euro e la congiuntura internazionale. Non si può dimenticare che l’introduzione del salario minimo rischia di provocare un appiattimento della curva dei salari di tutta l’azienda; vi sarà infatti una pressione ad adeguare anche i salari al di sopra del minimo, ciò che inevitabilmente avrà conseguenze in termini finanziari e competitivi", termina la nota, con la promessa che si continuerà a seguire il tema e a dire la propria.  




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