BELLINZONA – Il Consiglio di Stato non ritiene necessaria una Commissione Parlamentare d’Inchiesta per indagare su chi sapeva e non ha parlato nel caso dell’ex funzionario del DSS condannato per coazione. La richiesta arrivava un po’ da tutti i fronti, era stata firmata da Fiorenzo Dadò (PPD), Boris Bignasca (Lega), Marco Bertoli (PLR), Tamara Merlo (Più donne), Lara Filippini (UDC), Claudia Crivelli Barella (Verdi), Matteo Pronzini (MPS) e Ivo Durisch (PS).
Ad avere l’ultima parola sarà comunque il Gran Consiglio, che dovrà eventualmente dire sì a maggioranza assoluta.
Per il Consiglio di Stato, che ha motivato il suo preavviso negativo con una missiva di una pagina circa, “al momento attuale, riteniamo non vi siano i presupposti per dare seguito alla richiesta di costituire una CPI. Ricordiamo infatti che l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta avviene solo in casi eccezionali, di fronte ad un evento di grande portata istituzionale”.
Peraltro, non sono coinvolti alti dirigenti del DSS, né del presente né nel passato. Aveva fatto scalpore il nome di Ivan Pau-Lessi, ex capo diretto dell’uomo condannato, che si era dimesso dal Consiglio della Magistratura in attesa di chiarimenti. Il Governo ha chiesto copia della sentenza per poter giudicare eventuali responsabilità ma gli è stata negata. Pau-Lessi per contro l’ha ricevuta e gli era stato fatto notare come avesse permesso che gli abusi continuassero per anni. Aveva promesso alle ragazze che si erano rivolte a lui di spostare il collega dove non avesse più contatti coi giovani e di consigliargli una terapia psicologica, senza poi fare nulla.