BELLINZONA – Sul salario minimo si muove l’UDC, con due emendamenti di Sergio Morisoli: “il primo chiede al Governo di presentare un progetto di Legge per l’ applicazione del “Prima i nostri” entro la fine del 2020, e il secondo chiede che il Gran Consiglio lo voti entro la fine del 2021 per essere applicato”.
Perché per il partito democentrista, “introdurre un salario minimo in Ticino non ha nessun senso finché un numero crescente di datori di lavoro continuano a privilegiare i frontalieri e lasciano a casa i residenti. Un salario minimo senza il vincolo del “Prima i nostri” sarebbe una cuccagna per gli Italiani e un autogol per le lavoratrici e i lavoratori che devono sopravvivere in Svizzera, sarebbe a medio termine un boomerang autolesionista. Perciò il gruppo UDC settimana prossima voterà contro il salario minimo in Gran Consiglio a meno che il Parlamento non obblighi il Governo ad applicare il “Primai nostri”.
“Tre anni fa il popolo ticinese a larga maggioranza ha chiesto allo Stato di mettere un freno al dumping salariale dovuto all’afflusso sempre crescente di frontalieri, nel frattempo ancora aumentato. Il dumping salariale è una piaga e va combattuto. Ma combatterlo con il salario minimo senza vincoli vorrebbe dire “incendiare l’intero villaggio” per un effetto minimo, mentre che a medio termine penalizzerebbe i lavoratori ticinesi e residenti”, prosegue la nota.
“Fatto sta che il salario minimo così proposto giova soprattutto ai frontalieri e sarà il salario massimo di domani per molti residenti. Diventerà il punto di riferimento (e la scusa) per abbassare i salari anche all’interno delle trattattive per i contratti collettivi o aziendali. Siamo convinti che dopo alcuni anni di riflessioni, oggi il Governo sia in grado di trovare e applicare delle misure per proteggere il mercato del lavoro indigeno a breve termine. La Confederazione ha dato luce verde al principio del “Prima i nostri”, dunque non c’è più nessuna ragione per non metterlo in pratica”.